Una «strage dimenticata troppo in fretta», come già altre avvenute «in diverse parti del continente africano». I missionari Comboniani utilizzano queste parole per denunciare il defict di attenzione, solidarietà e partecipazione emotiva con cui è stata accolta la notizia dell’attentato terroristico del 14 ottobre scorso a Mogadiscio. Nella Capitale della Somalia, 358 persone hanno perso la vita in seguito all’esplosione di un camion bomba; 228 i feriti, 56 i dispersi. Eppure «la tragedia di Mogadiscio – scrivono i missionari in una nota – non ha certamente suscitato lo stesso movimento di solidarietà che hanno avuto gli attentati di Parigi, Berlino, Manchester o Barcellona». Nonostante, tra l’altro, i nuovi attentati avvenuti nei giorni scorsi nei dintorni della città – «con altre vittime» -, di cui danno notizia le cronache provenienti dalla Capitale somala.

Fra le poche voci che hanno rotto il silenzio intorno alla strage, quella di Papa Francesco, che ne ha parlato nell’udienza generale del mercoledì successivo, il 18 ottobre. Anche da parte del sistema mediatico infatti, secondo i religiosi, «c’è stata una mobilitazione parziale: la notizia non ha “sfondato” e rapidamente è stata risucchiata dal flusso delle altre news. Ma nell’epoca della globalizzazione e dell’interdipendenza, l’informazione è la prima forma di solidarietà». Si tratta, evidenziano, del «più grave attentato terroristico in Somalia, Paese nel quale sono attive da tempo le milizie islamiste di Al-Shabaab, il gruppo associato ad Al-Qaeda che vuole abbattere il debole governo somalo sostenuto dalle Nazioni Unite e dagli Stati dell’Unione africana e imporre una propria rigorosa interpretazione dell’islam». Tanto che alcuni commentatori, riferiscono, hanno parlato dell’evento di Mogadiscio come «dell’11 settembre della Somalia». Proprio per questo, «molti si chiedono perché i principali giornali di tutto il mondo abbiano mostrato così grande avarizia nel fornire notizie su un evento di simili e orrende proporzioni. Una domanda che diventa urgente e non retorica di fronte alle conseguenze sanguinose dell’attacco».

24 ottobre 2017