Mobilitazione parziale in Russia, i vescovi cattolici: «Questione di coscienza»

I presuli prendono la parola per la prima volta, con una nota diffusa a firma dell’arcivescovo di Mosca Paolo Pezzi, a nome della Conferenza episcopale russa

Per la prima volta, i vescovi cattolici russi prendono la parola sulla mobilitazione parziale annunciata in Russia dal presidente Putin nei giorni scorso. E lo fanno con una nota firmata dall’arcivescovo di Mosca Paolo Pezzi a nome della Conferenza dei vescovi cattolici di Russia in cui si parla della partecipazione alle ostilità come di una «questione di coscienza umana» che, come si legge nel Catechismo della Chiesa Cattolica, è «il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio» e al cui «giusto giudizio deve sempre obbedire».

L’annuncio della mobilitazione parziale, si legge nel testo, «ha posto molti dei nostri credenti di fronte a una gravissima scelta morale. Sappiamo che in determinate circostanze, le autorità statali non solo hanno il diritto ma devono anche usare le armi e richiedere ai cittadini di adempiere ai doveri necessari per proteggere la patria», è la riflessione dei vescovi. Rifacendosi al catechismo della Chiesa cattolica, i presuli affermano che coloro che servono onestamente la madrepatria nel servizio militare servono il bene comune ma le azioni militari devono mirare a porre fine più rapidamente al conflitto ed evitare il moltiplicarsi delle vittime. Nello stesso tempo, le autorità statali «devono provvedere equamente al caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l’uso delle armi», pur restando «tenuti a prestare qualche altra forma di servizio alla comunità umana». Si tratta, evidenziano i vescovi, di un diritto «sancito dalla parte 3 dell’articolo 59 della Costituzione della Federazione Russa», di cui chiedono «la costante osservanza».

Diverso il caso del clero e dei monaci della Chiesa cattolica, per i quali «è categoricamente impossibile partecipare alle ostilità, sia secondo le più antiche regole ecclesiastiche sia secondo le convenzioni internazionali vigenti», prosegue la nota. Il punto di partenza è la considerazione che «lo scontro in Ucraina si è trasformato in un conflitto militare su vasta scala che ha già causato migliaia di vittime, minato la fiducia e l’unità tra Paesi e popoli e minacciato l’esistenza del mondo intero. Come sei mesi fa, vogliamo ripetere l’insegnamento della Chiesa, seguendo il Santo Vangelo e l’antica Tradizione: la guerra non è mai stata e non sarà mai un mezzo per risolvere i problemi che sorgono tra le nazioni», si legge nel testo dei vescovi.

«Oggi, i nostri cuori sono pieni di dolore e impotenza per l’incapacità di fare qualcosa o anche solo di trovare le parole giuste che potrebbero cambiare in modo decisivo la situazione e prevenire ulteriori vittime», scrive Pezzi, citando le parole di Francesco in Kazakistan: «Non abituiamoci alla guerra, non rassegniamoci alla sua ineluttabilità. Soccorriamo chi soffre e insistiamo perché si provi davvero a raggiungere la pace. L’unica via di uscita è la pace e la sola strada per arrivarci è il dialogo». In conclusione, poi, l’appello «a tutti i nostri credenti» a «una maggiore preghiera e digiuno per l’instaurazione di un mondo giusto e sicuro».

Anche ai sacerdoti i vescovi chiedono di celebrare Messe per la pace e e di includere nella Preghiera dei fedeli anche invocazioni «per la cessazione delle ostilità e la conservazione delle vite umane».

3 ottobre 2022