Minori stranieri non accompagnati, il rapporto di Caritas Roma

Nella Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, un approfondimento sulla comunità dei giovani egiziani nella Capitale

Nella Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, un approfondimento sulla comunità dei giovani egiziani nella Capitale, in 969 nei Centri di accoglienza

“Le difficili sfide dei minori stranieri non accompagnati nel percorso di crescita e di integrazione”: è il titolo del rapporto presentato in occasione della 25ª Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dalla Caritas diocesana di Roma, dedicato alla situazione dei giovani egiziani a Roma, dei quali 969 risultano inseriti nei Centri di accoglienza per minori non accompagnati: la metà del totale dei minori accolti nelle strutture della Capitale.

Più di 15mila in tutto i minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio italiano; di essi 5.588 hanno fatto perdere le loro tracce rendendosi irreperibili agli enti che li avevano in tutela. Un caso particolare, riferiscono dalla Caritas, è proprio quello dei giovani egiziani, in Italia in 2.047, 1.182 dei quali irreperibili. Sono giovani con un’età media di arrivo inferiore ai 16 anni, un quinto dei quali con un’età compresa tra le 12 e i 14 anni. La regione di provenienza è principalmente Gharbeya, una zona a nord della città del Cairo, densamente popolata. Negli ultimi mesi sono stati accolti diversi ragazzi provenienti anche da  Mansura e Dakahlia, arrivati tutti via mare, seguendo due rotte: direttamente da Rashid o da Baltim verso la Sicilia. In media, nel paese di origine, hanno frequentato la scuola per 8 anni e le loro condizioni di salute sono buone. Dal punto di vista clinico, rilevante l’incidenza di patologie dermatologiche.

A spingere verso l’irreperibilità, secondo gli operatori Caritas, sarebbe l’obbiettivo di immettesi nel circuitp del lavoro in nero, specie nel commercio ambulante, ai mercati generali o nell’edilizia. Oppure il progetto di emigrare in Francia. Sempre più diffuo – è la denuncia – lo sfruttamento per fini sessuali, così come la piccola delinquenza per lo spaccio di sostanze stupefacenti. Uno su 4 dei ragazzi intervistati nelle strutture Caritas ha dichiarato di avere parenti entro il quarto grado già presenti in Italia, dove la comunità egiziana conta 135mila presenze, di cui 11mila a Roma. Nella fase della prima accoglienza, i parenti sono restii a prendersi in carico il minore, anzi delegano alle comunità e alle istituzioni ogni decisione.

Durante i primi colloqui, di legge nel rapporto Caritas, emerge come i ragazzi giunti negli ultimi mesi spesso non sembrino avere un progetto migratorio chiaro. La maggioranza è venuta in Italia per volere dei genitori; alcuni hanno dichiarato di essere partiti per raggiungere gli amici. La speranza è di trovare un lavoro grazie anche alla rete familiare e dei connazionali della città, con l’obiettivo di inviare soldi in patria e ripagare il debito contratto per il viaggio dell’ammontare circa di 3mila euro, che deve essere saldato quanto prima. Perlopiù «sembrano disorientati e psicologicamente non preparati al percorso intrapreso, anche per la loro giovane età».

Altro elemento significativo è la difficoltà di sostenere i minori non accompagnati di nazionalità egiziana nel rientro nel proprio Paese quando ne manifestano la volontà. È possibile richiedere le indagini familiari necessarie, grazie all’accordo con le autorità consolari egiziani, ma i rimpatri assistiti tendono a rimanere numericamente rari.

Non si tratta di un fenomeno nuovo, spiegano dalla Caritas, ma sicuramente «sta assumendo dimensioni e caratteristiche importanti; è una parte integrante di una migrazione strutturale che sta interessando il capitale umano dell’Italia e dell’Europa». Un’«evoluzione sociale», la definiscono gli esperti, davanti alla quale la società ha già espresso difficoltà in diversi momenti. Nel dossier si ricordano i fatti di Tor Sapienza del novembre 2014, ma anche quelli dello scorso ottobre al Tiburtino III: «Esempi eclatanti dei tanti episodi di razzismo, discriminazione e tensione sociale». A questo vanno aggiunti «gli atti di terrorismo, non ultimi gli accadimenti di Parigi», che «aumentano la paura legata al mondo islamico e all’immigrazione in generale». Proprio per questo, secondo gli esperti Caritas, «è sempre più necessario investire risorse per favorire l’integrazione e creare le condizioni per cui l’arrivo di queste nuove energie sociali rappresenti uno stimolo e un’occasione per i minori migranti stessi e per la società che li ospita di evolvere in meglio». Agendo al contempo sul piano «politico, giuridico, sociale ed educativo», è il suggerimento della Caritas. Non mancano le proposte concrete: dalle campagne di informazione nei Paesi di provenienza fino a forme di accoglienza individualizzate come l’affido familiare, «così da sostenere un’accoglienza a misura di bambino».

20 novembre 2015