Minori: sos salute mentale

Il neuropsichiatra Stefano Vicari: servizi carenti a fronte di un’alta domanda di interventi. «Aumento legato ai disturbi psichici causa pandemia. Serve concretezza, a sostegno della genitorialità»

Segnato dalla pandemia di Covid-19, l’ultimo anno «ha messo in luce lo stato di agonia in cui versa il Sistema sanitario italiano per quello che riguarda la cura della salute mentale». Guardando in particolare ai servizi dedicati alla neuropsichiatria, emergono «numerose criticità». A constatarlo è Stefano Vicari, ordinario di Neuropsichiatria infantile all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e primario all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù.

Professore, quali sono le urgenze rispetto a possibili interventi?
Negli ultimi 12 mesi le richieste di aiuto legate ai disturbi mentali – che generalmente cominciano a manifestarsi nell’età evolutiva e che nel corso di questa pandemia si sono acuiti fortemente, specialmente nel corso della seconda ondata – sono aumentate del 30%. Tale aumento, da ottobre a oggi, mantiene costante il suo trend. Questo tipo di disturbi interessa in media il 10% dei bambini e il 20% sia degli adolescenti che degli adulti. Si deve tenere conto che i posti letto per pazienti neuropsichiatrici in Italia sono in totale 325; di questi, solo 92 sono dedicati a infanzia e adolescenza. È evidente che c’è una carenza di servizi a fronte di un’alta richiesta di interventi di cura. Serve prenderne coscienza per poter intervenire in modo adeguato perché il tema della salute mentale dei minori non può essere sottovalutato e i servizi non possono essere destinati solo a pochi.

Il recente avvio dell’iter in commissione Affari sociali della Camera della risoluzione sulla neuropsichiatria infantile si muove nella giusta direzione?
L’iniziativa parlamentare che punta a potenziare i servizi di neuropsichiatria è importante e indispensabile in questo momento in cui i disturbi neuropsichiatrici dell’infanzia e dell’adolescenza hanno una particolare rilevanza per la salute pubblica, perché sono evidentemente in aumento e rischiano di andare verso uno stato di cronicizzazione. Tuttavia, a oggi, si tratta di auspici e di buoni propositi mentre servono fatti concreti. Quello che bisogna fare è porre realmente al centro dell’agenda politica i bambini e gli adolescenti, il che equivale a porre al centro di una riflessione più ampia la famiglia. Mancano, nel concreto, servizi e strumenti a sostegno della genitorialità.

Queste carenze hanno dunque avuto – e stanno avendo – un peso importante in questa fase di pandemia.
I lockdown – specialmente il secondo -, insieme alle restrizioni per la prevenzione della diffusione del coronavirus, hanno acuito e amplificato disturbi psichiatrici preesistenti nei bambini e negli adolescenti, così come hanno comportato l’insorgenza di nuovi casi caratterizzati soprattutto da ansia, stati depressivi, sonno disturbato, comportamenti violenti e in generale una maggiore irritabilità. Situazioni tali richiedono – o richiederebbero – una presenza qualificata da parte dei genitori, perché i più giovani vanno accompagnati nell’imparare a gestire particolari stati emotivi. Madre e padre, quindi, devono esserci per i figli, primariamente come elemento di rassicurazione e di contenimento, ma questa esigenza si scontra spesso con gli impegni legati al lavoro. In questo senso, il primo lockdown è stato favorevole perché ci si è stretti al nucleo familiare, laddove si era riuniti in casa – i figli per la Dad e i genitori per lo smart working – e il clima che si respirava era di ottimismo, o quantomeno di fiducia. Non a caso, in quella prima fase abbiamo potuto registrare addirittura una lieve diminuzione nelle richieste di aiuto legate ai disturbi neuropsichiatrici.

Per che cosa soffrono invece di più oggi i bambini e gli adolescenti?
Primariamente per la mancanza di relazione con i pari. Poi per il senso di indeterminatezza, ossia per il fatto che non ci sono scadenze che possano essere fornite e che garantiscano la possibilità di un ritorno alla normalità.

20 aprile 2021