Migrazioni, Ue: sfida da gestire insieme, «tra solidarietà e responsabilità»

Presentato il Patto europeo su migrazione e asilo. «Il sistema attuale non funziona più»: nuove regole per accoglienza e sicurezza. La proposta; una procedura di frontiera integrata. Il primo pilastro: «Creare fiducia»

È «fiducia» una delle parole chiave del discorso con cui la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha presentato ieri, 23 settembre, a Bruxelles il nuovo Patto europeo su migrazione e asilo. «L’Unione ha già dimostrato in altri settori di poter compiere passi straordinari per conciliare prospettive divergenti – è l’assunto di Von der Leyen -. Abbiamo creato un mercato interno complesso, una moneta comune e un piano di ripresa senza precedenti per ricostruire le nostre economie. È ora il momento di raccogliere la sfida di gestire la migrazione insieme, con il giusto equilibrio tra solidarietà e responsabilità». La via scelta è quella di «una soluzione europea, per ricostruire la fiducia tra gli Stati membri e ripristinare la fiducia dei cittadini nella nostra capacità di gestire la migrazione come Unione».

Quella proposta dall’esecutivo è «una soluzione europea, per ricostruire la fiducia tra gli Stati membri e ripristinare la fiducia dei cittadini nella nostra capacità di gestire la migrazione come Unione». Un Patto che «copre tutti i diversi elementi necessari per un approccio europeo globale», stabilendo «procedure migliori e più veloci» in tutto il sistema di asilo e migrazione. «Moria è un duro promemoria», ha evidenziato il vice presidente della Commissione Ue Margaritis Schinas, coordinatore dei lavori dell’esecutivo europeo sul Patto, ricordando il grande incendio che nei giorni scorsi ha distrutto il campo profughi sull’isola di Lesbo, lasciando senza un riparto più di 12mila persone. «Non possiamo vivere in una casa costruita a metà – ha sottolineato -. È giunto il momento di riunirsi attorno a una politica migratoria europea comune. Il Patto fornisce i pezzi mancanti del puzzle per un approccio globale alla migrazione». Nelle parole di Schinas, la consapevolezza che «nessuno Stato membro vive la migrazione allo stesso modo e le sfide diverse e uniche affrontate da tutti meritano di essere riconosciute e affrontate».

Molte, dunque, le sfaccettature da «valutare insieme». A cominciare dalla sicurezza di quanti cercano «protezione internazionale o una vita migliore», per continuare con «le preoccupazioni dei Paesi alle frontiere esterne dell’Ue, che temono che le pressioni migratorie superino le loro capacità di accoglienza» – è il caso dei Balcani -, fino all’atteggiamento di alcuni Stati membri, «preoccupati che, se le procedure non vengono rispettate alle frontiere esterne, i loro sistemi nazionali di asilo, integrazione o rimpatrio non saranno in grado di far fronte in caso di grandi flussi». Il sistema attuale, è la convinzione espressa dalla Commissione Ue, «non funziona più. E negli ultimi cinque anni l’Ue non è stata in grado di risolverlo. L’Unione deve superare l’attuale situazione di stallo». L’idea dunque è quella di proporre «soluzioni europee comuni a una sfida europea. L’Ue deve abbandonare soluzioni ad hoc e mettere in atto un sistema di gestione della migrazione prevedibile e affidabile».

Lo ha spiegato Ylva Johansson, commissario per gli Affari interni. «La migrazione è sempre stata e farà sempre parte delle nostre società – ha evidenziato -. Ciò che proponiamo oggi costruirà una politica migratoria a lungo termine in grado di tradurre i valori europei in una gestione pratica. Questa serie di proposte significherà procedure di frontiera chiare, eque e più veloci, in modo che le persone non debbano aspettare nel limbo». Ancora, «significa una cooperazione rafforzata con i Paesi terzi per rimpatri rapidi, percorsi legali e azioni decise per combattere i trafficanti di esseri umani. Il Patto fondamentalmente – ha concluso – protegge il diritto di chiedere asilo». L’obiettivo: «Creare fiducia», nei cittadini europei, negli stessi migranti, nelle istituzioni, negli Stati membri e vicini,  mediante «procedure più efficienti e rapide».

Il primo «pilastro» alla base della proposta della Commissione prevede infatti una procedura di frontiera integrata, che per la prima volta comprende uno screening pre-ingresso che «copra l’identificazione di tutte le persone che attraversano le frontiere esterne dell’Ue senza autorizzazione o che sono state sbarcate dopo un’operazione di ricerca e salvataggio». Questo  comporterà anche «un controllo sanitario e di sicurezza, rilevamento delle impronte digitali e registrazione nella banca dati Eurodac». Quindi, le persone potranno essere indirizzate alla giusta procedura, sia alla frontiera, per determinate categorie di richiedenti, sia nell’ambito di una normale procedura di asilo. «Nell’ambito di questa procedura di frontiera, verranno prese decisioni rapide in materia di asilo o rimpatrio, fornendo una rapida certezza alle persone i cui casi possono essere esaminati rapidamente», si legge nel documento illustrato dalla Comissione. Allo stesso tempo, «tutte le altre procedure saranno migliorate e soggette a un monitoraggio più forte e al sostegno operativo delle agenzie dell’Ue». Prevista anche la modernizzazione dell’infrastruttura digitale dell’Unione per la gestione della migrazione, per «supportare queste procedure».

Il secondo pilastro al centro del Patto è l’«equa condivisione di responsabilità e solidarietà». Nella visione dell’esecutivo Ue, ogni Stato membro, «senza alcuna eccezione, deve contribuire in modo solidale nei periodi di stress, per contribuire a stabilizzare il sistema globale, sostenere gli Stati membri sotto pressione e garantire che l’Unione adempia ai propri obblighi umanitari». In relazione alle diverse situazioni degli Stati membri e alle fluttuanti pressioni migratorie, la Commissione propone quindi un sistema di contributi flessibili da parte degli Stati membri, «dalla ricollocazione dei richiedenti asilo dal Paese di primo ingresso all’assunzione della responsabilità per il rimpatrio di persone senza diritto di soggiorno», a varie forme di supporto operativo.

Nell’ambito di questo nuovo Patto, l’Ue «cercherà di promuovere partenariati su misura e reciprocamente vantaggiosi con i Paesi terzi». L’obiettivo è quello di aiutare ad affrontare «sfide condivise come il traffico di migranti» ma anche a «sviluppare percorsi legali», affrontando «l’efficace attuazione degli accordi e delle disposizioni di riammissione». Non solo: tra gli obiettivi del documento illustrato da Von der Leyen c’è anche quello di «rafforzare un sistema comune dell’Ue per i rimpatri», nel quale rientrano «un quadro giuridico più efficace, un ruolo più forte della guardia di frontiera e costiera europea e un coordinatore dell’Ue per i rimpatri di nuova nomina, con una rete di rappresentanti nazionali per garantire la coerenza in tutta l’Ue».

Ancora, «sarà migliorata» la gestione delle frontiere esterne. Il corpo permanente della guardia di frontiera e costiera europea, previsto per il dispiegamento dal 1° gennaio 2021, «fornirà un maggiore sostegno laddove necessario», è la rassicurazione che arriva dalla Commissione. Inoltre «una politica credibile in materia di migrazione legale e integrazione andrà a vantaggio delle società e delle economie europee». In concreto, l’esecutivo Ue lancerà Talent Partnerships con i principali Paesi terzi che soddisfaranno le esigenze di lavoro e competenze in Europa. Il Patto poi «rafforzerà il reinsediamento» dei rifugiati, promuovendo «percorsi complementari» per sviluppare «un modello europeo di sponsorizzazione comunitaria o privata». Prevista anche l’adozione di un nuovo piano d’azione globale sull’integrazione e l’inclusione per il periodo 2021-2024.

Dopo la presentazione di ieri, ora la palla passa al Parlamento europeo e al Consiglio, a cui spetta esaminare e adottare l’intera serie di leggi pensate per realizzare una politica comune Ue in materia di migrazione e asilo.

24 settembre 2020