Migrazioni, quando conoscersi fa la differenza
Conclusa la quarta edizione del progetto Confini, della cooperativa Sophia. Coinvolti 700 studenti tra i 13 e i 18 anni di 16 scuole romane
Cambiare la propria percezione del fenomeno migratorio incontrando giovani stranieri arrivati in Italia, dialogando, ascoltando le loro storie e studiando dati e statistiche. È quanto emerso dalla quarta edizione del progetto Confini, promosso dalla cooperativa Sophia e finanziato dalla Fondazione Migrantes della Cei. Circa 700 studenti di età compresa tra i 13 e i 18 anni, di sedici istituti romani, hanno partecipato nella mattina di oggi, 31 maggio, alla giornata conclusiva del progetto, presso l’Auditorium della Tecnica all’Eur, presentando le loro relazioni e i risultati della loro esperienza.
Sul tema dell’immigrazione, «nessuno racconta ai giovani la realtà di tanti stranieri onesti e in cerca di lavoro che vogliono integrarsi arrivando in Italia», racconta una studentessa al quarto anno di liceo. La cooperativa Sophia infatti ha coinvolto durante l’anno scolastico oltre 2.200 studenti, con lezioni frontali e momenti di condivisione nelle classi con un gruppo di migranti provenienti da 7 nazioni: Mauritania, Senegal, Mali, Somalia, Nigeria, Albania, Bangladesh. L’obiettivo: dialogare sul tema della crisi migratoria, verificando se e in che modo cambia la percezione del fenomeno dopo aver incontrato i migranti e aver avviato con loro un percorso formativo.
«Questo progetto mi ha cambiato – racconta un ragazzo di terza media – perché ho ascoltato e visto cosa significa scappare dalla guerra, dalla politica o dalla povertà». Uno dei temi centrali è stato proprio quello di una corretta informazione. «Troppo spesso – spiega Matteo, secondo liceo – i mass media lasciano spazio ai commenti faziosi. Da una parte chi attacca gli stranieri per motivi politici ed economici, dall’altra chi, per gli stessi motivi, li sfrutta mettendo in vetrina gli sbarchi e i cadaveri sulla spiaggia». Un’informazione, dunque, che lascia poco spazio «alla conoscenza diretta e concreta delle persone, delle loro storie, della loro formazione e soprattutto della loro voglia di integrarsi e vivere serenamente come qualsiasi altro cittadino».
Ogni classe ha avuto a disposizione alcuni minuti per presentare i propri lavori attraverso video, audio, immagini e musica. Studenti e studentesse dei vari istituti hanno così raccontato cosa hanno scoperto e imparato dopo aver incontro i migranti. Come la 3ª E dell’Istituto comprensivo di via delle Carine che, attraverso un’orchestra formata dagli stessi ragazzi, ha tradotto la sua esperienza in musica, con l’esibizione dal titolo “Che razza di parole”. Ma l’incontro tra culture diverse è stato declinato anche attraverso l’abbigliamento, come hanno fatto gli studenti della 4ª A indirizzo moda dell’Iis Leon Battista Alberti. «I vestiti – osserva Giulia – possono essere lo specchio dell’anima e in molte culture, soprattutto africane, hanno un significato profondo, che noi spesso non capiamo quando li vediamo inseriti nel contesto occidentale». Sempre per l’Alberti i ragazzi della 1ª A indirizzo Cat hanno proposto un video-denuncia sul bullismo nei confronti di studenti stranieri da poco arrivati in Italia.
Ancora, tra le attività svolte durante l’anno dai ragazzi con i migranti, è stato proposto agli studenti lo studio e la lettura del libro “Stronzo nero”, scritto da Caterina Amodio e Mor Amar, giovane rifugiato politico della Mauritania. Uno spunto da cui è partita la 2ª B dell’Istituto Comprensivo di via Poseidone, nel riproporre i racconti del libro con una serie di disegni e illustrazioni. Musica protagonista invece con la 3ª B dell’Ic Domenico Bernardini, i cui studenti hanno riarrangiato un brano del cantautore Coez, coinvolgendo tutto l’Auditorium. La contrapposizione tra immagini del mare durante una vacanza e l’audio dei salvataggi nel Mediterraneo è stato il filo conduttore di un video dalla forte carica simbolica proiettato dalla 1ª A dell’Iis Vittorio Gassman. Dello stesso Istituto la 1ª D che, con un breve spettacolo teatrale dal titolo “La storia di un viaggio”, ha messo in scena il racconto di una migrante, le sue speranze, le difficoltà e le paure di dover scappare dal suo Paese e mettersi nelle mani dei trafficanti. Tre classi dell’Ic Guido Milanesi infine hanno analizzato le parole d’odio sui social network.
Tanto il progetto quanto l’incontro odierno, spiega Marco Ruopoli della cooperativa Sophia, «sono stati un modo per superare i confini, proprio come il titolo dell’iniziativa. Abbiamo dato la possibilità ai ragazzi – racconta – di incontrare persone che arrivano da lontano, che hanno una cultura e un modo di vivere lontano dal nostro, ma dopo averli incontrati il sentore comune è stata la consapevolezza di non essere poi così lontani».
31 maggio 2019