Migrazioni, le insidie sulla rotta dei Balcani

La denuncia arriva da Amnesty International: da gennaio 2014 a oggi in 150 hanno trovato la morte. Aumenta la pressione su Serbia e Macedonia

La denuncia arriva da Amnesty International: da gennaio 2014 a oggi in 150 hanno trovato la morte. Aumenta la pressione su Serbia e Macedonia

Tra il 1° gennaio e il 22 giugno 2015 61.256 migranti, richiedenti asilo e rifugiati sono arrivati in Italia e 61.474 in Grecia. Degli oltre 21.000 rifugiati e migranti che hanno intrapreso la “rotta dei Balcani” occidentale nel 2014, più della metà proveniva dalla Siria. Altri erano originari di Afghanistan, Egitto, Eritrea, Iraq, Nigeria, Somalia, Sudan e Tunisia. Sono i dati raccolti da Amnesty International, secondo cui «mentre un numero sempre più elevato di rifugiati, richiedenti asilo e migranti vulnerabili finisce intrappolato in una sorta di terra di nessuno balcanica, la pressione su Serbia e Macedonia aumenta – dichiara Gauri van Gulik, vicedirettore di Amnesty per Europa e Asia centrale -. Questa situazione, così come quella in Italia e Grecia, può essere risolta solo da un ripensamento complessivo delle politiche dell’Unione europea in tema d’immigrazione e asilo».

Nel frattempo il rischio di violenze e il pericolo di morte è alto non solo nel Mediterraneo ma anche sulla rotta dei Balcani, che inizia dalla frontiera marittima tra Turchia e Grecia e conduce rifugiati e migranti lungo Macedonia e Serbia fino in Ungheria. Da gennaio 2014 ad oggi sono almeno 150 le vittime registrate: 123 sono annegate nel tentativo di attraversare il mar Egeo e 24 sono rimaste uccise lungo le ferrovie. Nel corso del viaggio subiscono violenze ed estorsioni ad opera delle autorità e di bande criminali e vengono abbandonati a sé stessi dal sistema d’immigrazione e asilo dell’Unione europea – la denuncia dell’associazione – che li lascia intrappolati in Serbia e Macedonia privi di protezione. Il numero delle persone fermate solo lungo il confine tra Serbia e Ungheria è passato da 2.370 nel 2010 agli attuali 60.602, con un aumento di oltre il 2.500 per cento.

La situazione, aggiungono da Amnesty nel rapporto pubblicato ieri, martedì 7 luglio, è aggravata dai respingimenti e dalle espulsioni a ogni singola frontiera, dalle restrizioni all’accesso alle procedure d’asilo lungo il viaggio e dall’assenza di percorsi sicuri e legali d’ingresso nell’Unione europea. Coloro che approdano sulle isole greche, bambini compresi, vanno incontro a condizioni di accoglienza drammatiche. Al confine tra Grecia e Macedonia e a quello tra Macedonia e Serbia sono abitualmente e illegalmente respinti e subiscono maltrattamenti ad opera della polizia di frontiera. Molti di loro sono costretti a versare somme di danaro. Molti hanno denunciato di essere stati presi a schiaffi, pugni, calci e manganellate dalla polizia di frontiera serba presso il confine con l’Ungheria o arbitrariamente arrestati.

Centinaia di essi, inclusi gruppi familiari, donne incinte e minori non accompagnati, trascorrono lunghi periodi di detenzione nel Centro di accoglienza per stranieri della Macedonia (conosciuto come Gazi Baba), senza alcuna salvaguardia legale o possibilità di chiedere asilo. Molti sono trattenuti illegalmente per mesi, in condizioni inumane e degradanti. A causa dell’impossibilità di chiedere asilo in Macedonia e Serbia proseguono il viaggio verso l’Ungheria: se non hanno documenti in regola, viene spiegato nel rapporto,  vengono arrestati in condizioni degradanti e sottoposti a maltrattamenti, poi rilasciati e collocati in centri di accoglienza aperti o espulsi verso Serbia e Macedonia dove finiscono in un limbo giuridico. L’aumento di migranti e rifugiati lungo la rotta dei Balcani, denunciano da Amnesty, è «la conseguenza del più ampio fallimento delle politiche europee in materia d’immigrazione e asilo».

8 luglio 2015