Migranti, Tavolo Asilo: contro le ong «tesi infamanti e calunniose»

Le associazioni contestano la dichiarazione congiunta di Italia, Grecia, Cipro e Malta, ripresa dal ministro Piantedosi. «Si rispettino diritto internazionale e sentenze»

«Negli ultimi sei anni la magistratura, pur impegnata in diversi contenziosi a carico di ong che effettuano soccorsi in mare, non ha mai trovato alcun riscontro di quanto affermato dai ministri del nostro Paese circa le tesi infamanti e calunniose di accordi con i trafficanti libici al fine di trasferire in Europa i migranti». Le associazioni del Tavolo Asilo e immigrazione contestano la dichiarazione congiunta dei ministri dell’Interno di Italia, Malta e Cipro e del ministro della migrazione e dell’asilo della Grecia, pubblicata lo scorso 12 novembre e «largamente ripreso dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi durante la sua informativa alle Camere», sui flussi migratori nel Mediterraneo. Dichiarazione nella quale, rilevano, «si afferma che i quattro Stati mediterranei, principale punto di approdo dei flussi che attraversano il Mediterraneo Centrale e Orientale, “rispettano tutti gli obblighi internazionali e le norme dell’Ue” nella gestione di tali flussi e che hanno “sempre sostenuto con forza la necessità di sviluppare una nuova politica europea in materia di migrazione e asilo”. Si continua accusando le “navi private” di non rispettare la cornice giuridica internazionale riguardante le operazioni di search and rescue, e ribadendo una presunta responsabilità degli Stati di bandiera».

Le associazioni del Tavolo respingono con decisione quanto espresso nella nota, sottolineando anzitutto che «le operazioni effettuate dalle navi di salvataggio sono ancorate ai principi del diritto internazionale», di cui citano le fonti, punto su punto. «Non sembra casuale – osservano – che la dichiarazione congiunta non si addentri specificando concretamente quale norma del diritto internazionale verrebbe violata dalle navi di salvataggio, non essendocene, di fatto, alcuna». Inoltre, per le associazioni «esiste ormai una giurisprudenza consolidata che afferma questi stessi principi». A riguardo, citano le sentenze emesse negli ultimi anni dai Tribunali di Agrigento, Palermo, Trapani e Catania, a cui si aggiunge «la nota sentenza della Corte di Cassazione del 16 gennaio 2020 con la quale la Suprema Corte ha confermato l’ordinanza del Gip del Tribunale di Agrigento di non convalidare l’arresto di Carola Rackete».

Al contrario, per le organizzazioni in prima linea con i migranti, sono gli Stati firmatari della dichiarazione che «stanno contravvenendo al principio di non-refoulement» sancito dal diritto internazionale. E a proposito ricordano che «Malta semplicemente non risponde alle richieste di individuazione di un porto sicuro da parte delle navi che effettuano salvataggi negando non solo lo sbarco ma anche il coordinamento dei soccorsi. E anche l’Italia – aggiungono – quando riceve le segnalazioni di natanti in difficoltà nel Mediterraneo centrale dalle ong presenti, omette di assumere il coordinamento, anche in presenza di un rifiuto di assumere la responsabilità da parte di altri Rcc. È opportuno precisare che tali sistematici comportamenti ingiustificati, in presenza di offese alla vita umana, possono costituire reato».

In questo contesto, «sembra difficile affermare che i quattro Stati firmatari si siano sempre adoperati per una politica europea basata sui principi di solidarietà. L’unica reale opportunità per modificare la situazione attualmente vigente ed alleggerire le responsabilità degli stati costieri è la modifica del Regolamento di Dublino», si legge ancora nella nota del Tavolo, in cui si ricorda che «la riforma di tale regolamento, elaborata dal Parlamento Europeo già nel 2017 e più favorevole agli Stati frontalieri, fu affossata grazie ai voti contrari di Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, governi vicini all’attuale presidente del Consiglio Meloni e al suo partito, e all’astensione della Lega, i cui rappresentanti non parteciparono a nessuna delle 22 riunioni di negoziato sul testo. Il meccanismo di redistribuzione dei richiedenti asilo, di cui si discute ormai dal 2015, incontra da sempre l’opposizione dei succitati stati dell’Europa Orientale – ricordano le associazioni – ed è inefficace perché resta vincolato alla volontarietà degli Stati che dovrebbero accogliere le persone da ricollocare. Ma vale la pena ricordare che, sulla base dei dati ufficiali (Unhcr, Eurostat), in Italia i rifugiati accolti sono appena lo 0,2% sulla popolazione residente, in coda a Svezia, Germania, Grecia, Francia, Danimarca, Paesi Bassi».

Da ultimo, per il Tavolo asilo «è del tutto scorretto affermare che gli Stati di bandiera abbiano la responsabilità di far sbarcare sul loro territorio i sopravvissuti salvati dalle loro navi, così come che debbano accogliere le domande di asilo. Non esiste nessuna norma nel diritto internazionale, né nel diritto interno degli Stati, che preveda che il capitano di una nave debba accogliere le domande di asilo dei naufraghi soccorsi, mentre è chiaro, dalle fonti testé citate, che il porto di sbarco debba essere il primo porto sicuro disponibile». Ancora, l’utilizzo del termine “navi private”, «che sembra indicare soggetti che si muovono contro gli interessi pubblici per perseguire fini particolaristici, finisce solo col segnalare chiaramente il fallimento della politica italiana ed europea, che ha da anni abdicato al proprio dovere di soccorso, lasciandone nei fatti la responsabilità alle organizzazioni umanitarie e alle navi mercantili che si trovino a intercettare natanti in difficoltà. La presenza delle ong nel Mediterraneo Centrale – è la conclusione della nota – denuncia ogni giorno il disinteresse dei governi Europei per la sorte di bambini, donne e uomini in fuga. Esseri umani in cerca di protezione».

18 novembre 2022