Migranti, Parolin: «Evitare fenomeni di ghettizzazione»

Il segretario di Stato vaticano e il presidente del Consiglio alla presentazione dei volumi “Essere mediterranei” della Civiltà Cattolica

Cittadinanza nei Paesi rivieraschi, per le minoranze cristiane negli stati arabi e per i migranti in quelli d’accoglienza; fratellanza umana come elemento di ricerca di stabilità e di pace; sicurezza intesa come integrazione, lontano da nazionalismi chiusi ed esasperati. Sono i temi principali dell’incontro che si è tenuto sabato primo febbraio nella sede della Civiltà Cattolica per la presentazione del saggio “Essere mediterranei – Fratelli e cittadini del ‘Mare Nostro'”, curato dal direttore della rivista dei gesuiti padre Antonio Spadaro con due relatori d’eccezione, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin. Il libro, edito da Ancora, raccoglie i contributi del seminario omonimo tenuto a Roma nell’aprile dello scorso anno. Una pubblicazione che giunge in vista dell’incontro di Bari promosso dalla Cei “Mediterraneo frontiera di pace”, che si terrà dal 19 al 23 febbraio e che sarà concluso da Papa Francesco, ma che intende anche celebrare i 170 anni della rivista, come ha ricordato lo stesso Spadaro.
E nella prospettiva dell’evento di Bari ha inquadrato il suo discorso il cardinale Parolin, sottolineando la presenza nel libro di voci cattoliche, ortodosse, ebraiche e islamiche: «Non si può parlare senza coinvolgere tutte queste voci, sarebbe trasformare il suono di un’orchestra nel canto di un solista». Il concetto di cittadinanza è stato il filo conduttore dell’intervento del Segretario di Stato, che ha ricordato anche come «siamo chiamati a spezzare la logica di Caino» perché altrimenti «il Mediterraneo non può che trasformarsi in un cimitero».
Parolin ha citato sia il viaggio del Papa a Lampedusa che il documento di Abu Dhabi, mettendo in evidenza la profonda riflessione in atto nell’Islam, in particolare attraverso l’università di Al Azhar, punto di riferimento del mondo sunnita. Ai cristiani, dunque, va riconosciuta la possibilità di offrire il proprio contributo alle rispettive società nel cammino verso modernità e pluralismo: «Non si tratta di invocare, da parte del potere, la protezione dell’una o dell’altra comunità religiosa, ma di garantire alle persone, parte dell’unica famiglia umana, i diritti fondamentali. Il luogo proprio della difesa dei cristiani è la tutela della persona e del rispetto dei diritti umani, in particolare quelli della libertà religiosa e della libertà di coscienza».
Ma allo stesso tempo, questa cittadinanza è un’esigenza che riguarda anche la sponda nord del Mediterraneo, nel senso dell’accoglienza e dell’integrazione: «Nel dibattito sulla relazione tra la migrazione e lo sviluppo non è stato pienamente riconosciuto il contributo apportato dai migranti al progresso dei Paesi di destinazione», ha sottolineato Parolin. Da qui l’invito a evitare «fenomeni di ghettizzazione che altro non sono che l’incubatrice di nuove violenze». Parolin ha anche fatto una rapida panoramica della situazione del Mediterraneo e ha concluso ricordando che «il Documento sulla Fratellanza Umana ha un grande merito: induce le frontiere ad ascoltarsi reciprocamente, fraternamente e contribuisce ad evitare la strumentalizzazione della religione, che è propria dei fondamentalismi, confermando invece il significato spirituale delle religioni».
Su una linea analoga si è mosso Conte, invitando a «fare attenzione all’uso discriminatorio del termine minoranze, perché può portare con sé i semi del sentirsi isolati, i semi dell’inferiorità». Il premier ha rivendicato il ruolo dell’Italia nei processi di pace dei diversi conflitti che affliggono i Paesi del Mediterraneo “allargato”, che si estendono fino al Medio Oriente, al Sahel e al Corno d’Africa e ha ribadito il no a «guerre per procura». La strada da seguire resta quella di «un approccio di politica estera che deve mantenersi particolarmente aperto e inclusivo, che deve muovere dal rispetto, dal riconoscimento delle ragioni dell’altro da sé e dal ripudio di mire egemoniche».
Conte ha poi affrontato la questione migratoria: «Soluzioni nazionali, o peggio ancora nazionalistiche – ha affermato – non hanno alcuna chance di successo. La migrazione richiede invece un approccio multi-livello europeo, internazionale, fondato su principi di solidarietà e di responsabilità condivisa». Il premier ha ricordato l’arrivo di numerosi rifugiati grazie ai trasferimenti umanitari dalla Libia e ai corridoi umanitari resi possibili da diverse realtà di ispirazione religiosa. Infine, ha sostenuto, come Parolin, la soluzione dei “due Stati per due popoli” per risolvere il conflitto israelo-palestinese.
3 febbraio 2020