Migranti morti in mare, Acli: «Punto di riferimento, l’umanità»

L’appello, dopo le due tragedie consumate nel Mediterraneo. «Occorre un sistema di accoglienza e integrazione diffuso, con regole nuove non basate sull’esternalizzazione»

Anche le Acli intervengono dopo la duplice tragedia della migrazione consumata nelle acque del Mediterraneo. Al momento, ricordano, i numeri parlano di 66 dispersi in Calabria, di cui 12 bambini, e altri 10 dispersi a largo di Lampedusa. «Vittime responsabili solo di aver sognato una vita migliore».

Dall’inizio dell’anno, evidenziano dall’associazione, si contano 800 morti sulla rotta del Mediterraneo centrale, pari a 5 vittime al giorno. «Una guerra che non fa notizia e genera un senso di profonda frustrazione per i ripetuti appelli inascoltati a potenziare non solo risorse e capacità per le operazioni di ricerca e soccorso in mare ma a legalizzare flussi regolari, unica soluzione ai controlli che aiuterebbe a ridurre il fenomeno scafisti – commenta il presidente nazionale Emiliano Manfredonia -. Ogni naufragio oggi rappresenta solo un fallimento collettivo, un segno tangibile dell’incapacità degli Stati di proteggere le persone più vulnerabili».

Il presidente Acli non ha dubbi: «L’Italia, ma anche l’Europa, sulla questione migranti si giocano il futuro, per questo non possiamo gestire con superficialità o estrema semplificazione il fenomeno migratorio che è una questione strutturale e profondamente umana. Occorre un sistema di accoglienza ed integrazione diffuso, con regole nuove che non si basino sulla esternalizzazione delle frontiere, avendo sempre come punto di riferimento l’umanità», conclude.

18 giugno 2024