Migranti, lettera aperta delle religiose: «Solo l’accoglienza può mantenerci umani»

Clarisse e Carmelitane scrivono al presidente Mattarella e al premier Conte, «preoccupate per il diffondersi di sentimenti di intolleranza». Il sostegno delle Scalabriniane

«Siamo accomunate dall’unico desiderio di esprimere preoccupazione per il diffondersi in Italia di sentimenti di intolleranza, rifiuto e violenta discriminazione nei confronti dei migranti e rifugiati che cercano nelle nostre terre accoglienza e protezione». Clarisse e Carmelitane scalze di 62 monasteri italiani scrivono al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Una lettera aperta – inviata per conoscenza anche a Papa Francesco – per «dare voce ai nostri fratelli migranti che scappano da guerre, persecuzioni e carestie, affrontano viaggi interminabili e disumani, subiscono umiliazioni e violenze di ogni genere che ormai più nessuno può smentire».

Parlano di «una realtà drammatica», le suore, assumendo come riferimento anche l’appello contenuto nel Documento sulla fratellanza umana firmato da Papa Francesco e dall’Imam di Al-Azhar. Quindi, l’appello a Mattarella e Conte: «Osiamo supplicarvi: tutelate la vita dei migranti! Tramite voi chiediamo che le istituzioni governative si facciano garanti della loro dignità, contribuiscano a percorsi di integrazione e li tutelino dall’insorgere del razzismo e da una mentalità che li considera solo un ostacolo al benessere nazionale». A dare forza alla richiesta, il ricordo degli «innumerevoli esempi di migranti che costruiscono relazioni di amicizia, si inseriscono validamente nel mondo del lavoro e dell’università, creano imprese, si impegnano nei sindacati e nel volontariato. Queste ricchezze – affermano – non vanno svalutate e tante potenzialità andrebbero riconosciute e promosse».

Le monache citano la loro «semplice vita di sorelle» per testimoniare che «stare insieme è impegnativo e talvolta faticoso ma possibile e costruttivo. Solo la paziente arte dell’accoglienza reciproca può mantenerci umani e realizzarci come persone». Senza nessuna ingenuità, nella convinzione che «una solidarietà efficace e indubbiamente ben organizzata» possa «arricchire la nostra storia e, a lungo termine, anche la nostra situazione economica e sociale». Le religiose considerano «ingenuo» il contrario: vale a dire, «credere che una civiltà che chiude le proprie porte sia destinata a un futuro lungo e felice; una società tra l’altro che chiude i porti ai migranti ma, come ha sottolineato Papa Francesco, “apre i porti alle imbarcazioni che devono caricare sofisticati e costosi armamenti“».

A loro avviso, ciò che sembra mancare oggi in molte scelte politiche è «una lettura sapiente di un passato fatto di popoli che sono migrati e una lungimiranza capace di intuire per il domani le conseguenze delle scelte di oggi». Ricordando «l’impegno di molti monasteri nell’accoglienza dei rifugiati, affiancando le istituzioni diocesane», clarisse e carmelitane segnalano che «alcuni già stanno offrendo spazi e aiuti». Al tempo stesso, «tutte noi cerchiamo di essere in ascolto della nostra gente per capirne le sofferenze e le paure. Desideriamo metterci accanto a tutti i poveri del nostro Paese e, ora più che mai, a quanti giungono in Italia e si vedono rifiutare ciò che è diritto di ogni uomo e ogni donna sulla terra: pace e dignità».

Si schierano a sostegno dell’appello di Clarisse e Carmelitane anche le suore Missionarie di San Carlo Borromeo, impegnate fin dalla fondazione, nel 1895, a sostegno delle migrazioni. La superiora provinciale suor Milva Caro esprime «il più profondo apprezzamento, appoggio e comunione» perché «in questo modo diventiamo tutti costruttori di una nuova umanità che mette al centro l’Uomo. Le Suore Scalabriniane in coerenza con la vocazione ricevuta non possono fare diversamente e continueranno nelle loro possibilità a essere un semplice strumento di mediazione e di accoglienza verso chi cerca una nuova dignità nel nostro Paese».

Per la superiora generale suor Neusa de Fatima Mariano «un impegno intercongregazionale è sempre più necessario, per dare l’ennesimo segnale di come la vita religiosa femminile sia contraddistinta da una sola voce. Anche una lettera come questa – osserva – può pesare nelle coscienze civili. La preoccupazione della crescita dei sentimenti di intolleranza in Italia è la stessa di molti Paesi d’Europa e del resto del mondo. Far passare la migrazione come problema vuol dire mettere in discussione gli stessi valori di fratellanza e umanità che contraddistinguono una politica di pace».

16 luglio 2019