Migranti, le ong: decreto Sicurezza mette a rischio vite umane
Le organizzazioni commentano il testo approvato dal Consiglio dei ministri: rischia di ridurre in modo drastico la possibilità di effettuare salvataggi in mare aperto
Il nuovo decreto Sicurezza approvato dal Consiglio dei ministri rischia di ridurre in modo drastico la possibilità delle ong di salvare vite umane in mare. A denunciarlo sono state diverse organizzazioni, i cui commenti sul provvedimento sono stati raccolti dall’agenzia internazionale Pressenza. L’ong Sea Watch, attiva nel salvataggio in mare, in modo particolare di migranti, fin dal 2015, ha affermato: «Il nuovo decreto Sicurezza approvato dal Consiglio dei ministri del governo Meloni non è altro che l’ennesimo tentativo di ostacolare e criminalizzare le attività delle navi della società civile. Nessun governo può impedire a una nave di sottrarsi all’obbligo di soccorso e nessuna nave si rifiuterà di accogliere chi chiede aiuto nel Mediterraneo centrale. Rispetteremo il diritto internazionale, come abbiamo sempre fatto”.
Riccardo Gatti, responsabile soccorsi di Medici senza frontiere (Msf), presente nel Mediterraneo con la sua Geo Barents, ha evidenziato: «Il decreto del governo ostacola i soccorsi delle navi umanitarie fino a renderli inefficaci o insostenibili. Di fatto queste nuove norme non risolvono il vero problema: le persone che muoiono in mare perché mancano i soccorsi. Lasciare scoperta la zona dei soccorsi e assegnare porti sicuri lontanissimi va a discapito della protezione della vita, aumenta il rischio di altre morti in mare, aumenta di quattro volte le spese per gli spostamenti e allontana testimoni scomodi: quando le navi delle ong non sono presenti sembra che non succeda niente e invece continuano ad avvenire naufragi con morti e dispersi e respingimenti in Libia. Le navi della società civile inoltre – ha aggiunto Gatti – sono dei presidi temporanei e, per quanto ben attrezzate, non sono adatte ad avere persone a bordo per lunghi periodi».
Emergency, la cui Life Support è salpata dal porto di Genova nei giorni scorsi, ha denunciato invece: «Il 2022 si chiude con delle cifre drammatiche: quasi 1.400 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo centrale solo quest’anno. Di fronte a questi numeri terribili, le disposizioni contenute nel decreto sono inaccettabili perché – imponendo alle navi umanitarie di portare immediatamente a terra i naufraghi – di fatto riducono le possibilità di fare ulteriori salvataggi dopo il primo soccorso. Le conseguenze di questo provvedimento saranno l’aumento dei morti in mare e dei respingimenti verso la Libia a opera della Guardia costiera libica. Nel 2022, sono state oltre 20mila le persone respinte verso il Paese nordafricano». La ong ha proseguito: «Ostacolare il lavoro umanitario, che ha come unico obiettivo la messa in salvo di persone, è inspiegabile se non in termini di consenso politico. Noi continueremo a salvare vite umane, nel rispetto del diritto internazionale e nazionale. Rispetteremo il codice di condotta solo qualora non entri in contrasto con norme di diritto internazionale e non smetteremo di credere che salvare vite umane è la cosa giusta da fare».
30 dicembre 2022