Migranti, in Bosnia-Erzegovina il rischio di una catastrofe umanitaria

La denuncia di Caritas italiana. Dalla Commissione europea 3,5 milioni di aiuti ma «servono urgentemente soluzioni a lungo termine»

Oltre 1.700 rifugiati e migranti sono senza rifugio e sostegni adeguati in Bosnia-Erzegovina, nella regione di Una Sana. Una situazione insostenibile di fronte alla quale la Commissione europea ha annunciato uno stanziamento di 3,5 milioni di euro di aiuti. L’Alto rappresentante Josep Borrell ha sollecitato le autorità locali a «mettere a disposizione strutture esistenti fornendo una soluzione temporanea fino a quando non sarà ricostruito il campo di Lipa», recentemente distrutto da un incendio.

I fondi Ue serviranno per dare alle persone in difficoltà «l’accesso a beni di prima necessità» (cibo, coperte, vestiti pesanti), ma servono urgentemente soluzioni a lungo termine, secondo Borrell. In questi giorni centinaia di persone, compresi i bambini, dormono all’aperto e al freddo. Secondo il commissario per la gestione delle crisi Janez Lenarčič è un «disastro umanitario» che si sarebbe potuto evitare se il Paese «avesse implementato una gestione della migrazione adeguata, come richiesto dall’Ue da molti anni». Questo finanziamento servirà anche per assicurare assistenza sanitaria, per limitare la diffusione del coronavirus e supporto psicosociale. Si aggiunge ai 4,5 milioni di euro stanziati nell’aprile 2020, portando l’assistenza umanitaria dell’Ue per i rifugiati e i migranti in Bosnia-Erzegovina a 13,8 milioni di euro dal 2018.

Caritas Italiana parla di «una probabile catastrofe umanitaria che può condurre anche a violenze e gravi tensioni sociali. Lipa è un luogo assolutamente inadatto all’accoglienza, soprattutto in questo periodo invernale. Era infatti stato chiuso la settimana scorsa perché altamente pericoloso per la vita delle persone che ospitava: è sprovvisto di elettricità, acqua potabile e riscaldamento, in una zona dove le temperature scendono sotto zero. Subito dopo la sua chiusura, un incendio aveva distrutto le poche tende rimaste nel campo». Le 1.200 persone ospitate al momento della chiusura – prosegue Caritas – erano finite per strada senza una sistemazione alternativa. I tentativi di riaprire l’ex campo Bira (nella città di Bihac) o di allestire l’ex caserma in località Bradina (non distante da Sarajevo) da parte delle autorità locali sono falliti per le proteste dei cittadini e delle autorità locali. Alla fine la soluzione è stata la riapertura del campo di Lipa.

Caritas italiana chiede «un’iniziativa istituzionale immediata» per i migranti sulla rotta balcanica, «mettendo a disposizione adeguate strutture di accoglienza che quantomeno offrano un riparo a chi sta rischiando la propria vita». Segnalando che la rotta balcanica inizia in Grecia e finisce in Italia o in Austria, «con migliaia di persone bloccate in vari campi profughi e in altre soluzioni inadeguate, tanto più che con l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di Covid-19, molti migranti in transito, ospitati in strutture inidonee, sono stati messi in quarantena in condizioni proibitive». Caritas italiana è presente lungo la rotta balcanica dal 2015, a fianco dei migranti e a supporto di tutte le Caritas locali (Grecia, Albania, Macedonia, Bosnia Erzegovina, Serbia) che stanno offrendo un sostegno a queste persone.

4 gennaio 2021