Migranti, Papa: «La pandemia ci ha ricordato che siamo tutti sulla stessa barca»

Reso noto il messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebra il 20 settembre. L’appello: ascoltare il grido degli sfollati e della terra

C’è il dramma «spesso invisibile» degli sfollati interni al centro del messaggio di Francesco per la 106ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebra domenica 27 settembre 2020. Il tema: “Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”. Un dramma già menzionato dal Papa nel suo ultimo discorso al Corpo diplomatico e oggetto anche dei recenti Orientamenti pastorali elaborati dalla sezione Migranti e rifugiati del dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo umano integrale.

Immediato, nelle parole di Francesco, il riferimento alla crisi mondiale causata dalla pandemia di Covid-19, che «per la sua veemenza, gravità ed estensione geografica ha ridimensionato tante altre emergenze umanitarie che affliggono milioni di persone, relegando iniziative e aiuti internazionali, essenziali e urgenti per salvare vite umane, in fondo alle agende politiche nazionali». Eppure, «non è questo il tempo della dimenticanza – è il monito del pontefice -. La crisi che stiamo affrontando non ci faccia dimenticare tante altre emergenze che portano con sé i patimenti di molte persone».

giornata migranti 2020Un messaggio, quello per la Giornata mondiale numero 106, che «alla luce dei tragici eventi che hanno segnato il 2020», il Papa estende «a tutti coloro che si sono trovati a vivere e tuttora vivono esperienze di precarietà, di abbandono, di emarginazione e di rifiuto a causa del Covid-19». “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”: questi i quattro imperativi rilanciati nel testo di Francesco, aggiunti a sei coppie di verbi «che corrispondono ad azioni molto concrete, legate tra loro in una relazione di causa effetto». Anzitutto, «bisogna conoscere per comprendere», come insegna l’incontro di Gesù con i discepoli di Emmaus. «Quando si parla di migranti e di sfollati – denuncia il pontefice – troppo spesso ci si ferma ai numeri. Ma non si tratta di numeri, si tratta di persone! Se le incontriamo arriveremo a conoscerle. E conoscendo le loro storie riusciremo a comprendere. Potremo comprendere, per esempio, che quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante della vita degli sfollati».

giornata migranti 2020Il secondo invito: «È necessario farsi prossimo per servire», superando paure e pregiudizi che invece «ci fanno mantenere le distanze dagli altri». Ma avvicinarsi al prossimo, ricorda Francesco, «spesso significa essere disposti a correre dei rischi, come ci hanno insegnato tanti dottori e infermieri negli ultimi mesi. Questo stare vicini per servire va oltre il puro senso del dovere; l’esempio più grande ce lo ha lasciato Gesù quando ha lavato i piedi dei suoi discepoli: si è spogliato, si è inginocchiato e si è sporcato le mani». Ancora, «per riconciliarsi bisogna ascoltare», come ha fatto Dio, inviando il Figlio nel mondo per ascoltare il gemito dell’umanità. «L’amore, quello che riconcilia e salva, incomincia con l’ascoltare – scrive Bergoglio -. È solo attraverso un ascolto umile e attento che possiamo arrivare a riconciliarci davvero». Quindi, una fotografia di questo tempo di pandemia: «Per settimane il silenzio ha regnato nelle nostre strade. Un silenzio drammatico e inquietante, che però ci ha offerto l’occasione di ascoltare il grido di chi è più vulnerabile, degli sfollati e del nostro pianeta gravemente malato. E, ascoltando, abbiamo l’opportunità di riconciliarci con il prossimo, con tanti scartati, con noi stessi e con Dio, che mai si stanca di offrirci la sua misericordia».

Nella parte centrale del messaggio, poi, la quarta esortazione diventa quasi un grido: «Dobbiamo imparare a condividere per crescere insieme, senza lasciare fuori nessuno», sulla scorta della vita della prima comunità cristiana, che ha avuto nella condivisione uno dei suoi elementi fondanti. «La pandemia ci ha ricordato come siamo tutti sulla stessa barca», scrive Bergoglio, ricordando il momento di preghiera del 27 marzo scorso, in una piazza San Pietro vuota. «Ritrovarci ad avere preoccupazioni e timori comuni ci ha dimostrato ancora una volta che nessuno si salva da solo. Per crescere davvero dobbiamo crescere insieme, condividendo quello che abbiamo, come quel ragazzo che offrì a Gesù cinque pani d’orzo e due pesci. E bastarono per cinquemila persone!».

Francesco ne è convinto: «Se vogliamo davvero promuovere le persone alle quali offriamo assistenza, dobbiamo coinvolgerle e renderle protagoniste del proprio riscatto». L’esperienza della pandemia, osserva, «ci ha ricordato quanto sia essenziale la corresponsabilità e che solo con il contributo di tutti – anche di categorie spesso sottovalutate – è possibile affrontare la crisi». Di qui l’invito ad «aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, e di solidarietà». Quindi, ancora una coppia di verbi: «Bisogna coinvolgere per promuovere». Come ha fatto Gesù con la donna samaritana: «Il Signore si avvicina, la ascolta, parla al suo cuore, per poi guidarla alla verità e trasformarla in annunciatrice della buona novella. A volte, lo slancio di servire gli altri ci impedisce di vedere le loro ricchezze».

In conclusione, l’ultimo imperativo: «È necessario collaborare per costruire». E costruire il Regno di Dio «è un impegno comune a tutti i cristiani e per questo è necessario che impariamo a collaborare, senza lasciarci tentare da gelosie, discordie e divisioni», ammonisce il Papa. «Non è questo il tempo degli egoismi, perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone. Per preservare la casa comune e farla somigliare sempre più al progetto originale di Dio, dobbiamo impegnarci a garantire la cooperazione internazionale, la solidarietà globale e l’impegno locale, senza lasciare fuori nessuno», è l’appello.

15 maggio 2020