Migranti, il Papa: «I cristiani non possono essere indifferenti»

In 40mila a San Pietro per la Giornata mondiale del Rifugiato. Bassetti: «La Chiesa italiana interpellata dal mondo delle migrazioni». Inaugurato un monumento in bronzo

Mentre 180 migranti sbarcavano a Lampedusa e 40 in Sardegna, Papa Francesco chiedeva al mondo di non chiudere gli occhi, di non escludere nessuno. Mentre si attendevano notizie dei 56 migranti a bordo del barcone ribaltato al largo di Misurata, Bergoglio lanciava un monito che riguarda anche i cristiani che non possono essere «indifferenti di fronte al dramma delle vecchie e nuove povertà, delle solitudini più buie, del disprezzo e della discriminazione di chi non appartiene al “nostro” gruppo». Nella Messa per la 105esima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato celebrata ieri, domenica 29 settembre, sul sagrato della basilica Vaticana, il Papa si è affidato al Salmo 145 per ricordare che «il Signore sostiene i forestieri, assieme alle vedove e agli orfani del popolo».

In piazza un tripudio di bandiere e di colori a partire dalle maglie blu, verdi, rosse, gialle e bianche indossate dai componenti del coro “multietnico” che, riportanti il motto della giornata, “Non si tratta solo di migranti”, richiamavano il rosario missionario che rappresenta i cinque continenti. E poi l’eco di preghiere recitate in lingue diverse da 40mila uomini e donne provenienti da ogni parte del mondo. Alcuni sono giunti in Italia con i barconi “della speranza”, altri con il programma dei Corridoi umanitari, tanti sono sostenuti da Caritas e Migrantes. La Chiesa italiana, infatti, «si sente interpellata dal mondo delle migrazioni» che coinvolge «un vasto movimento di popoli tormentati dalla violenza, dalla fame, dalla disperazione, dalla guerra che cerca aiuto presso i paesi più ricchi e capaci», ha detto al termine della Messa il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che ha concelebrato con il cardinale vicario di Roma Angelo De Donatis, il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per la Servizio dello sviluppo umano integrale, e monsignor Guerino di Tora, presidente della Fondazione Migrantes.

 

 

 

 

 

 

Fiumi di persone che fuggono dalla miseria davanti alla quale non è possibile «rimanere insensibili, con il cuore anestetizzato – ha rimarcato il Papa -. Non possiamo non piangere. Non possiamo non reagire. Chiediamo al Signore la grazia di piangere, quel pianto che converte il cuore davanti a questi peccati». “Non si tratta solo di migranti” ha aggiunto ripetendo lo slogan della giornata, ma «di tutti gli abitanti delle periferie esistenziali che, assieme ai migranti e ai rifugiati, sono vittime della cultura dello scarto». Citando il ricco epulone della parabola, insensibile davanti alla povertà di Lazzaro, ha messo in guardia dal rischio che corriamo anche noi «troppo presi dal preservare il nostro benessere» da non accorgerci di chi è in difficoltà. Per questo Jorge Mario Bergoglio ha spiegato che «se vogliamo essere uomini e donne di Dio» è fondamentale «amare Dio e amare il prossimo». Due sentimenti inscindibili dal quale deve scaturire un serio impegno «per costruire un mondo più giusto, dove tutti abbiano accesso ai beni della terra, dove tutti abbiano la possibilità di realizzarsi come persone e come famiglie, dove a tutti siano garantiti i diritti fondamentali e la dignità».

Il vescovo di Roma ha quindi incitato all’empatia chiarendo che amare il prossimo significa «sentire compassione per la sofferenza dei fratelli e delle sorelle, avvicinarsi, toccare le loro piaghe, condividere le loro storie, per manifestare concretamente la tenerezza di Dio nei loro confronti. Significa farsi prossimi di tutti i viandanti malmenati e abbandonati sulle strade del mondo, per lenire le loro ferite e portarli al più vicino luogo di accoglienza, dove si possa provvedere ai loro bisogni».

Riprendendo parte del Messaggio per la 105esima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, il Papa ha puntato il dito contro la «dolorosa» realtà del «mondo odierno ogni giorno più elitista e crudele con gli esclusi». Per cambiare questa rotta è il popolo di Dio che deve unirsi e impegnarsi «nella costruzione della famiglia umana secondo il progetto originario, rivelato in Gesù Cristo: tutti fratelli, figli dell’unico Padre».

Per suggellare l’impegno ad accogliere e integrare Francesco, al termine della Messa e durante il consueto giro della piazza in papamobile, ha inaugurato e benedetto una scultura in bronzo e argilla raffigurante un gruppo di migranti di varie culture e di diversi periodi storici. «Ho voluto questa opera artistica qui in piazza San Pietro, affinché ricordi a tutti la sfida evangelica dell’accoglienza», ha detto. Intitolata “Angels Unawares” (Angeli Inconsapevoli), la scultura, posta accanto al Colonnato, è stata realizzata dall’artista canadese Timothy Schmalz, su indicazione dell’arcivescovo Michael Czerny, sottosegretario della sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, che sarà creato cardinale nel Concistoro del 5 ottobre prossimo. A togliere il telo che copriva l’opera è stata una famiglia camerunense.

30 settembre 2019