Migranti: doppia tragedia nel Mediterraneo

A circa 100 miglia dalle coste calabresi, il naufragio di un’imbarcazione a vela partita dalla Turchia. 66 i dispersi; 11 i superstiti. Soccorsa anche un’altra barca a sud di Lampedusa, nella quale sono state trovate morte nel ponte inferiore 10 persone

All’indomani del G7 di Borgo Egnazia, da cui è nata una coalizione «per prevenire e contrastare il traffico di migranti», nella giornata di ieri, 17 giugno, il Mediterraneo ha visto una doppia tragedia della migrazione. A circa 100 miglia dalle coste calabresi ha fatto naufragio un’imbarcazione a vela partita 8 giorni prima dalla Turchia, su cui viaggiavano perlopiù afgani, iraniani e curdi. 66 i dispersi, tra cui almeno 26 bambini, raccontano gli 11 sopravvissuti, tra i quali 2 bambini accompagnati da due donne. Un’altra donna invece è morta subito dopo lo sbarco. Un team di Medici senza frontiere è intervenuto per offrire assistenza psicologica ai migranti sbarcati, portati in salvo a Roccella Jonica, insieme al corpo della donna. «La scena – raccontano – era straziante, davanti a noi persone traumatizzate. Il dolore si toccava con mano».

Nella stessa giornata, a sud di Lampedusa un’altra barca di legno di 8 metri è stata soccorsa da una nave umanitaria, la Nadir della ong ResQship, dopo essersi trovata in difficoltà in acque sar maltesi. Partita dalla Libia, era in viaggio da alcuni giorni. A bordo c’erano 51 persone, due delle quali trovate prive di sensi, che sono state salvate. Niente da fare invece per i 10 migranti trovati privi di vita nel ponte inferiore allagato, forse soffocati dai fumi del carburante. I superstiti sono stati portati poi a Lampedusa dalla Guardia costiera. I corpi sono rimasti sul barchino che la nave umanitaria ha trainato sull’isola Pelagia in tarda serata. l migranti – originari di Bangladesh, Pakistan, Egitto e Siria – avevano pagato circa 3.500 dollari per mettersi in viaggio.

«Queste tragedie avvengono davanti ai nostri occhi. Eppure nulla si muove – commenta il presidente del Centro Astalli padre Camillo Ripamonti -. Ogni naufragio ci mostra il paradosso di questa epoca: il fatto che degli esseri umani muoiano in mare non suscita reazioni e non provoca indignazione. Serve un sussulto di umanità. La gestione delle migrazioni – prosegue – richiede lungimiranza, visione e responsabilità. Limitarsi a misure di contenimento, costose in termini economici e di vite umane, non è la soluzione».

Esprimendo il suo cordoglio, il Centro Astalli torna quindi a chiedere «un’immediata reazione da parte dell’Europa e dei governi nazionali per cercare di salvare quante più vite possibile, l’attivazione di canali umanitari e piani di evacuazione dalle principali aree di crisi. Misure già sperimentate – ricordano -, che bisognerebbe mettere in atto in maniera strutturale e sistematica».

Cordoglio e «frustrazione» anche per Unhcr – Agenzia Onu per i rifugiati -, Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e Unicef, per le decine di vittime dei due nuovi incidenti. Se i dati dovessero essere confermati, dichiarano in una nota congiunta, «il numero dei morti e dispersi nel Mediterraneo centrale salirebbe a oltre 800, una media di quasi 5 morti e dispersi al giorno dall’inizio dell’anno».

A generare il «senso di profonda frustrazione», i ripetuti appelli «inascoltati» a «potenziare risorse e capacità per le operazioni di ricerca e soccorso in mare a supporto della Guardia Costiera Italiana. Ogni naufragio rappresenta un fallimento collettivo, un segno tangibile dell’incapacità degli Stati di proteggere le persone più vulnerabili», rimarcano. A tre giorni dalla Giornata mondiale del rifugiato con la quale si ricorda il dramma di 120 milioni di persone costrette a fuggire da guerre, violenze e persecuzioni, «questi nuovi incidenti in mare, che coinvolgono rifugiati e migranti, risultano quanto mai inaccettabili».

Per le tre organizzazioni internazionali, «oltre alla necessità urgente di un sostegno europeo alle operazioni di ricerca e soccorso, è fondamentale promuovere un più ampio accesso a percorsi sicuri e regolari nell’Unione europea per le persone migranti e rifugiati, affinché non siano costrette a rischiare la vita in mare», concludono.

18 giugno 2024