Migranti, Cei: «Osare solidarietà, giustizia e pace»

Dopo l’ennesima tragedia del mare, la nota della Conferenza dei vescovi: «Come pastori non pretendiamo di offrire soluzioni a buon mercato ma non intendiamo volgere lo sguardo altrove»

A provocare la riflessione è lei, Josephine: gli «occhi sbarrati» e lo «sguardo vitreo» della donna camerunense che martedì 17 luglio i volontari di Open arms hanno salvato in extremis nelle acque del Mediterraneo, a 80 miglia dalla costa libica. Lei, accanto ai due cadaveri – una donna e un bambino -, per i quali invece non c’è stato nulla da fare. Non se ne fa il nome, nella nota diffusa questa mattina, 19 luglio, dalla presidenza della Conferenza episcopale italiana: non si cita né la donna né l’ong che l’ha salvata. Nelle parole dei vescovi, i suoi occhi e il suo sguardo «sono solo l’ultima immagine di una tragedia alla quale non ci è dato di assuefarci. Ci sentiamo responsabili – affermano – di questo esercito di poveri, vittime di guerre e fame, di deserti e torture. È la storia sofferta di uomini e donne e bambini che, mentre impedisce di chiudere frontiere e alzare barriere, ci chiede di osare la solidarietà, la giustizia e la pace».

In questo contesto, «come Pastori della Chiesa – si legge ancora nella nota – non pretendiamo di offrire soluzioni a buon mercato. Rispetto a quanto accade non intendiamo, però, né volgere lo sguardo altrove né far nostre parole sprezzanti e atteggiamenti aggressivi. Non possiamo lasciare che inquietudini e paure condizionino le nostre scelte, determino le nostre risposte, alimentino un clima di diffidenza e disprezzo, di rabbia e rifiuto», spiegano i presuli. Ancora una volta, da pastori, «animati dal Vangelo di Gesù Cristo continuiamo a prestare la nostra voce a chi ne è privo. Camminiamo con le nostre comunità cristiane – rivendicano ed esortano insieme -, coinvolgendoci in un’accoglienza diffusa e capace di autentica fraternità». Ancora, «guardiamo con gratitudine a quanti, accanto e insieme a noi, con la loro disponibilità sono segno di compassione, lungimiranza e coraggio, costruttori di una cultura inclusiva, capace di proteggere, promuovere e integrare».

In maniera «inequivocabile» – è la conclusione della nota -, «avvertiamo che la via per salvare la nostra stessa umanità dalla volgarità e dall’imbarbarimento passa dall’impegno a custodire la vita. Ogni vita. A partire da quella più esposta, umiliata e calpestata».

19 luglio 2018