Migranti, Boeri: gli italiani sovrastimano il numero

Il presidente dell’Inps nella sua relazione annuale parla di «vera e propria disinformazione». Ma il sistema Italia sta in piedi anche grazie agli stranieri: «Cruciale il numero di immigrati che lavoreranno nel nostro Paese»

«Gli italiani sottostimano la quota di popolazione sopra i 65 anni e sovrastimano quella di immigrati e di persone con meno di 14 anni. Questo avviene anche in altri Paesi ma la deviazione fra percezione e realtà è molto più accentuata da noi che altrove. Non sono solo pregiudizi. Si tratta di vera e propria disinformazione». Sono le parole con cui il presidente Inps Tito Boeri ha accompagnato la presentazione della relazione annuale dell’Istituto di previdenza, questa mattina, 4 luglio, alla Camera dei deputati.

Il quadro è allarmato: povertà e precarietà aumentano; il Paese invecchia al punto che il sistema pensionistico non tiene senza il contributo degli immigrati; raggiungono quota 2,5 milioni i lavoratori con salario inferiore a 8,50 euro l’ora e crescono sensibilmente i giovani in fuga all’estero. Ancora, Boeri sferza i primi provvedimenti del Governo Conte, a cominciare da alcuni punti del decreto Dignità per arrivare all’obiettivo di “quota 100” per le pensioni, alle volontà di sgretolare l’impianto della Legge Fornero e infine alla stretta sull’immigrazione, mettendo in guardia dai rischi per la tenuta del sistema Italia.

Al centro dell’attenzione di Boeri c’è anzitutto il dato delle pensioni: quelle percepite dagli over 70 hanno assorbito nel 2016 il 56% della spesa pensionistica complessiva, a fronte del 40% nel 1995. «Le previsioni sulla spesa – sottolinea il presidente dell’Inps – indicano che anche innalzando l’età del ritiro, ipotizzando aumenti del tasso di attività delle donne che oggi tendono ad avere tassi di partecipazione al mercato del lavoro più bassi, incrementi plausibili e non scontati della produttività, per mantenere il rapporto tra chi percepisce una pensione e chi lavora su livelli sostenibili è cruciale il numero di immigrati che lavoreranno nel nostro Paese». Stando ai dati dell’Inps infatti «eventuali politiche di recupero della bassa natalità italiana o dei tassi di occupazione femminili e maschili potranno correggere gli squilibri demografici nel lungo periodo ma non potranno da sole arginare la riduzione delle classi di popolazione in età lavorativa prevista per il prossimo ventennio».

Con la stretta sull’immigrazione, avverte Boeri, aumenteranno gli irregolari. «La storia di Paesi a immigrazione non recente come la nostra ci insegna che quando si pongono forti restrizioni all’immigrazione regolare, aumenta l’immigrazione clandestina e viceversa». In genere, «a fronte di una riduzione del 10% dell’immigrazione regolare, quella illegale aumenta dal 3 al 5%. Negli Stati Uniti il boom degli illegali è cominciato nel ’64 quando è stato chiuso il Bracero program, ed il numero di immigrati trovati irregolarmente sul territorio è calato da quando ha cominciato a essere pienamente messo in atto l’Immigration Reform and Control Act, che ha regolarizzato milioni di lavoratori messicani», ricorda.

Nella relazione di Boeri anche un chiaro “no” alla proposta del governo Conte sulle pensioni, pensata con l’obiettivo del superamento della riforma Fornero, contenuto nel programma del governo. Passare alla cosiddetta “quota 100” – vale a dire la possibilità di andare in pensione quando la somma dell’età e degli anni di contributi è almeno pari a 100 – costerebbe infatti fino a 20 miliardi di euro all’anno, che diventerebbero poco meno (fino a 18 miliardi di euro) se venissero introdotto il requisito dei 64 anni di età. La spesa scenderebbe a 16 miliardi di euro all’anno alzando il requisito anagrafico a 65 anni, mentre quota 100 con 64 anni minimi di età e il mantenimento delle regole attuali per quanto riguarda i requisiti di anzianità contributiva indipendenti dall’età costerebbe fino a 8 miliardi di euro all’anno. «Tornare indietro del tutto»  dalla legge Fornero, evidenzia il presidente dell’Inps, «non è possibile», così come sarebbe «molto elevato» il costo del ripristino in toto o in parte delle pensioni di anzianità allora vigenti. «Possiamo tuttavia permetterci una maggiore flessibilità – spiega – accelerando la transizione al metodo contributivo».

4 luglio 2018