Anche Oxfam si unisce al coro delle organizzazioni che chiedono al governo italiano di non rinnovare l’accordo Italia – Libia, mettendo così fine a «una delle pagine più tristi e vergognose della nostra storia recente». Un appello che arriva a pochi giorni dall’ultima data utile – il 2 novembre – per la revoca dell’accordo, che tra l’altro, ricordano, non è mai stato ratificato dal Parlamento italiano contrariamente a quanto previsto dalla Costituzione.

«Come organizzazione impegnata da anni nell’accoglienza dei richiedenti asilo, abbiamo raccolto testimonianze terribili di torture, stupri, omicidi avvenuti nei campi di detenzione libici – dichiara Paolo Pezzati, policy advisor per la crisi migratoria di Oxfam Italia -. L’accordo che il nostro governo ha firmato con la Libia a febbraio 2017 ha di fatto consentito queste violazioni indicibili e non dovrebbe dunque essere tacitamente rinnovato». Al momento nei centri di detenzione ufficiali sono rinchiuse oltre 4.500 persone secondo l’Unhcr, riferisce Pezzati, mentre «in quelli non ufficiali, gestiti dalle organizzazioni criminali, ne sono stimati a decine di migliaia. Uomini, donne e bambini che non solo subiscono trattamenti inumani e degradanti, ma rischiano di morire sotto le bombe in un Paese in guerra. Un orrore a cui bisogna porre fine con un piano di evacuazione coordinato dalle Nazioni Unite, che preveda una ridistribuzione dei migranti a livello europeo».

Ancora, per Oxfam è «urgente» una «seria azione di monitoraggio e inchiesta di quanto successo fin qui, attraverso l’istituzione di una Commissione parlamentare». L’organizzazione denuncia inoltre che, ignorando le condizioni disumane dei migranti in Libia, i governi italiani che si sono succeduti dopo la firma dell’accordo hanno continuato a finanziare interventi in Libia, attraverso la formazione di personale locale nei centri detenzione ufficiali o con la fornitura di mezzi terrestri e navali alla Guardia costiera e alle autorità libiche, per un costo di oltre 150 milioni di euro, cresciuto di anno in anno. «I soldi spesi dai governi Gentiloni e Conte sono serviti a finanziare la Guardia costiera libica che, come denunciato dalle Nazioni unite, impiega alcuni dei più pericolosi trafficanti di esseri umani», aggiunge Pezzati. Non sono serviti però a porre fine alle morti in mare e al traffico di esseri umani. Lo dimostrano i numeri: «Nel 2019, 692 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo centrale con un tasso di mortalità sui tentativi di traversata balzato al 3,5%, dal 2,1% del 2017».

30 ottobre 2019