Era il 6 settembre 2015 quando Papa Francesco invitava parrocchie, comunità religiose, monasteri e santuari di tutta Europa ad aprire le porte all’accoglienza di una famiglia di profughi, preparandosi con «un gesto concreto» all’Anno Santo della Misericordia. Un anno dopo, di quell’accoglienza traccia un bilancio monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes. «Da allora – spiega – l’impegno delle Chiese in Italia, già significativo per le oltre 22mila persone accolte, grazie anche al Vademecum redatto dal Consiglio permanente della Cei ma anche a un magistero ricco e puntuale di numerosi vescovi italiani, si è allargato ad almeno 30mila richiedenti asilo e rifugiati».

Un impegno, evidenzia Perego, che «è andato oltre la collaborazione istituzionale con le prefetture (i Cas) e i Comuni (gli Sprar), per trovare forme nuove e familiari di accoglienza in parrocchia, per oltre 5mila richiedenti asilo e rifugiati, e in famiglia per almeno 500 adulti». Un’oppportunità, quest’ultima, realizzata anche grazie al progetto di Caritas italiana “Rifugiato a casa mia”.

Con le parrocchie e le famiglie si sono schiarati in prima linea, in quest’anno, anche «oltre 60 istituti religiosi femminili e molti istituti maschili, dai Salesiani ai Padri Bianchi, dai Gesuiti ai Comboniani, agli Scalabriniani, ai Padri Somaschi», ricorda ancora di direttore di Migrantes. «Hanno ripensato gli spazi delle loro case o hanno destinato strutture all’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati, con una particolare attenzione ai minori, alle donne sole con bambini, alle persone più fragili».

6 settembre 2016