«Siamo seriamente preoccupati: ci stiamo rendendo conto che la presenza delle Ong non è gradita. La situazione è molto tesa e frustante. Deriva dalla mancanza di politiche effettive negli ultimi cinque anni, per cui era prevedibile questo peggioramento. Stanno gettando benzina su un fuoco che era già pronto ad esplodere». La direttrice di Caritas Hellas (Caritas Grecia) descrive all’agenzia Sir la situazione di queste ore nelle isolee egee. Aggressioni fisiche e verbali alle persone che lavorano nelle organizzazioni non governative che aiutano nell’accoglienza dei migranti nelle isole greche di Lesbo, Chios e Samos. Incendi appiccati alle loro strutture e alle automobili. Aumento degli episodi razzisti nei confronti dei profughi, che hanno superato la soglia dei 22mila nella sola isola di Lesbo, per arrivare a un totale di 40mila nelle tre isole.

Dopo settimane di tensioni e proteste intorno al campo di Moria, negli ultimi giorni sono avvenuti numerosi episodi violenti da parte di militanti dell’estrema destra, che prendono di mira i profughi e gli operatori delle ong. Anche Caritas Hellas, presente nelle isole con un team di sette persone, è stata costretta a sospendere le attività per cercare di capire come affrontare questa nuova situazione, coordinandosi con le altre organizzazioni umanitarie. Attaccate anche le strutture delle ong: oltre all’incendio in uno spazio dell’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani), è stato appiccato il fuoco ai locali dell’ong “Solidarity”, che distribuisce cibo e vestiti ai profughi. «Stiamo aspettando di vedere cosa succede perché c’è abbastanza confusione – precisa la direttrice di Caritas Hellas, intervistata da Patrizia Caiffa -. Oggi lo staff non è andato a lavorare. Siamo preoccupati perché sta montando un atteggiamento anti-ong e il clima è molto teso».

Alverti parla di «drammatico cambiamento» nell’atteggiamento di governo e opinione pubblica: «Le ong vengono prese di mira – riferisce – perché considerate parte del problema». E tra la popolazione «aumenta il razzismo. Ci sono numerosi episodi di odio e violenza da parte di civili che sostengono di pattugliare le strade». Questi gruppi agiscono intorno al campo di Moria e identificano le persone, chiedendo se sono greche o straniere e se lavorano nelle ong. Ancora, la direttrice di Caritas Hellas giudica «vergognoso» e «orribile» il video diffuso dalle autorità turche, che mostra un’imbarcazione della Guardia costiera greca sparare colpi di fucile in acqua sui profughi che tentano di arrivare in gommone, respingendoli brutalmente con un bastone o un forcone. «È contro ogni legge umanitaria ed etica – sottolinea al Sir -. La Guardia costiera dovrebbe fare ciò che è chiamata a fare, cioè rispettare le persone e salvare le vite. È una vergogna totale».

Le proteste sono iniziate il mese scorso, quando il governo ha annunciato l’intenzione di creare un centro di detenzione per rinchiudere i profughi. «Non vedo da parte del governo o della società civile iniziative per creare dialogo – afferma Alverti -, ci sono solo posizioni contrapposte: dalla parte dei profughi o dalla parte della popolazione dell’isola. Invece bisognerebbe tenere in considerazione le esigenze di entrambi». In seguito alla pressione alle frontiere tra Turchia e Grecia, con 9mila persone bloccate e 68 arrestate, il governo greco ha deciso di sospendere per un mese le procedure per la richiesta di asilo. «Dubito sulla legittimità di questa decisione», dichiara Alverti, che invita a considerare il fenomeno «non solo come un problema greco ma europeo. Perché se la Grecia viene lasciata sola – conclude – ci saranno sempre più episodi di rabbia tra la popolazione greca. Servirebbe una solidarietà europea nella gestione del fenomeno – aggiunge -, nei ricollocamenti. Altrimenti è facile criticare soltanto. Bisogna trovare un equilibrio e rispettare i diritti delle persone secondo le normative e convenzioni internazionali».

4 marzo 2020