Migrantes: accoglienza dei profughi, «responsabilità di tutti»
Il direttore Giancarlo Perego: «Manca un piano organico. Uno Stato non può trovarsi in ginocchio per l’incapacità di accogliere 75mila persone»
Il direttore monsignor Giancarlo Perego: «Manca un piano organico. Uno Stato non può trovarsi in ginocchio per l’incapacità di accogliere 75mila persone»
«Si è concluso in fondo al nostro mare Mediterraneo il viaggio di una bambina siriana di 10 anni, che ha perso la vita perché l’insulina che l’avrebbe salvata era finita in mare. La sua famiglia è riuscita a sbarcare ad Augusta con altre 300 persone in fuga. Una tragedia grave, ma non meno di quella successa in provincia di Treviso e a Roma, dove ci si è rifiutati di accogliere alcune persone migranti, come i genitori e i figli della famiglia siriana sbarcata ad Augusta». Parole del direttore della fondazione Migrantes monsignor Giancarlo Perego, all’indomani dei disordini registrati nelle due città italiane alla fine della scorsa settimana e della tragedia che ha portato alla morte della piccola Raghad, siriana, deceduta nella notte tra il 18 e il 19 luglio su un barcone nel Mediterraneo, in uno spazio di 10 metri per 5, con a bordo 320 immigrati. Malata di una grave forma di diabete, aveva insulina e macchinari nello ziano che gli scafisti hanno strappato di mano alla mamma, scaraventandolo in mare.
Le responsabilità, scrive monsignor Perego, sono di tutti. «Dello Stato, che in questi anni, con governi diversi, ha cercato sempre di risolvere con l’emergenza, l’improvvisazione, un fenomeno che sempre più evidentemente è strutturale, se si pensa che i migranti forzati tra il 2013 e il 2014 sono passati da 51 milioni a 60 milioni». Per il direttore di Migrantes, «manca un piano organico che coinvolga ogni Comune nel prevedere tra i propri servizi sociali l’accoglienza di un richiedente asilo o di una famiglia di rifugiati. E le risorse stanziate in questi anni per l’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati «anziché costituire un patrimonio ulteriore per i Comuni, così da rafforzare servizi per tutti, dagli assistenti sociali ai mediatori culturali, agli educatori, sono andate ad arricchire multinazionali che hanno gestito grandi centri o enti o cooperative mafiose o imprenditori edili senza scrupoli».
Non usa mezzi termini, il sacerdote: «Uno Stato – aggiunge – non può trovarsi in ginocchio per l’incapacità di accogliere 75mila persone». In un’Italia «dove si muore più che nascere, dove 100mila giovani sono emigrati, una città in più di giovani è una risorsa straordinaria se gestita bene. Ma di fronte a carenze e incapacità non è possibile favorire fenomeni di contrapposizione sociale e atteggiamenti di rifiuto, come alcune realtà e politici alimentano in continuazione». E paura, rifiuto e contrapposizione rispetto ai migranti sono pericoli che insidiano «anche le nostre famiglie e la comunità cristiana», sottolinea ancora, invitando invece a costruire «segnali alternativi» che indichino la strada per un futuro migliore.
Da ultimo, il direttore di Migrantes invita le comunità ecclesiali a «un lavoro culturale e sociale che eviti da una parte il ritorno al collateralismo nel lavoro sociale rispetto allo Stato, sostituendosi alle sue responsabilità; dall’altro, però, eviti il rischio di non sentirsi responsabili di un nuovo impegno sociale, per paura di vedere contrari e allontanarsi alcuni fedeli delle nostre comunità, con gesti e opere che siano segno di un amore ai lontani che si sono fatti prossimo».
20 luglio 2015