Memorandum Libia, dall’Italia richieste di modifiche. Le ong: «Ipocrisia»

Per la Farnesina l’obiettivo è garantire «più estese tutele» ai migranti. Centro Astalli: «Diritti solo sulla carta». Sea Watch: «Accordo non revisionabile»

Nella serata del 9 febbraio il governo italiano ha inviato alle autorità libiche una proposta che rivede e aggiorna il Memorandum bilaterale del 2017 per la cooperazione in tema di migrazioni. Lo ha reso noto la Farnesina in una nota. Un tentativo di modifica, una settimana dopo il rinnovo dell’accordo, di cui al momento non si conoscono i dettagli delle richieste italiane. Il testo, spiegano dal ministero degli Esteri, «introduce significative innovazioni per garantire più estese tutele ai migranti, ai richiedenti asilo e in particolare alle persone vulnerabili vittime dei traffici irregolari che attraversano la Libia e per promuovere una gestione del fenomeno migratorio nel pieno rispetto dei principi della Convenzione di Ginevra e delle altre norme di diritto internazionale sui diritti umani». Questo obiettivo, si legge ancora nella nota del ministero, «dovrà essere raggiunto, nelle intenzioni italiane, anche attraverso il consolidamento dell’azione delle organizzazioni delle Nazioni Unite, in particolare Unhcr e Oim, in Libia».

Immediata la replica delle organizzazioni umanitarie, che da sempre di quel Memorandum bilaterale chiedono la sospensione. L’Italia invia richieste di modifica, sottolineano dal Centro Astalli, mente in mare proprio dal 9 febbraio ci sono 91 persone alla deriva che non ricevono soccorsi. «In queste ore di angoscia e apprensione per la sorte di decine di migranti che si trovano in serio pericolo di vita nell’indifferenza dei governi europei – le parole del presidente padre Camillo Ripamonti -, il richiamo al rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali nella nota emessa dalla Farnesina per la revisione del memorandum con la Libia sembra essere una stridente contraddizione». Per il Centro Astalli, è urgente «ripristinare un’azione europea di ricerca e soccorso in mare per i migranti in difficoltà, aprire canali umanitari sicuri che evitino la morte di migliaia di innocenti, vittime del traffico di esseri umani, e realizzare un’azione volta alla costruzione e al mantenimento della pace in Libia, un paese nel caos in cui i migranti vengono sottoposti quotidianamente a torture e abusi». Ripamonti ribadisce che «i diritti umani non possono rimanere solo sulla carta di fronte alla morte di innocenti. È un paradosso inaccettabile, che vìola i diritti e la dignità dei migranti e anche i nostri. Non lasciamo morire in mare nessuno – esorta -, farlo è inaccettabile resa di fronte alla barbarie».

Per Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch, in Libia né ora né in futuro ci possono essere le condizioni per una «maggiore tutela dei diritti umani» espresse dalla Farnesina, che «non si prospettano dunque realistiche. Resta ignoto il contenuto delle revisioni e non sono note modifiche nell’allocazione dei fondi per la Libia, finora concentrati sul controllo delle frontiere piuttosto che su protezione e stabilizzazione – precisa -. Affidare alle Nazioni Unite la gestione dei centri di tortura non è una soluzione quando non più tardi di 10 giorni fa l’Onu ha annunciato la chiusura del centro di transito di Tripoli per l’impossibilità di gestione e l’Alto Commissario per i Rifugiati Filippo Grandi ha definito dei veri e propri campi di concentramento gli stessi centri di detenzione su cui il ministro Lamorgese fonda la revisione dell’accordo con la Libia, affidandone la  gestione alle Nazioni Unite». Per Sea Watch l’unico rapporto possibile con la Libia in questa fase è di contenimento del danno e non delle persone. «Mentre si lavora per ricreare una situazione di stabilità nel Paese non si può pensare di tenervi le persone intrappolate e soggette a abusi indicibili, pur di non scegliere di investire con urgenza nella creazione di vie sicure e legali per la migrazione e nell’evacuazione delle persone vulnerabili – conclude Linardi -. L’accordo con la Libia non è revisionabile e un Paese e un’Europa civili dovrebbero interrompere ogni ingaggio che preveda la violazione sistematica dei diritti umani».

Sulla stessa linea il commento di Alessandra Sciurba  di Mediterranea Saving Humans, secondo cui «la revisione serve per lavarsi la coscienza; l’accordo Italia-Libia va stracciato. Apprendiamo che l’Italia ha inviato a Tripoli una proposta di revisione del Memorandum di intesa che di fatto ha dato soldi, mezzi e addestramento, in collaborazione con l’Ue, per perpetrare un crimine contro l’umanità: catturare in mare migliaia di profughi e riportarli alle bombe e alle torture. Invece di stracciare con vergogna quell’accordo – afferma  Sciurba – adesso si pensa che inserire due righe sulla tutela dei diritti umani basti a lavarsi la coscienza, mentre in Libia è scoppiata una guerra terribile e gli stessi cittadini di quel Paese rischiano ogni giorno la vita. Quali sono – domanda Sciurba – i veri interessi, oltre la propaganda politica, che spingono a una simile ipocrisia? Quanto ancora pagheremo torturatori, stupratori e criminali internazionali? Quanto caro sarà il prezzo che questo governo senza coraggio pagherà per avere continuato a disprezzare la vita umana? Noi torneremo in mare per difendere donne, bambini e uomini in fuga anche da tutto questo».

11 febbraio 2020