«Inaccettabile già dal 2017». Il presidente del Centro Astalli padre Camillo Ripamonti boccia con queste parole il rinnovo del Memorandum d’intesa sulla migrazione tra Italia e Libia, siglato per la prima volta, appunto, il 2 febbraio 2017, e tacitamente rinnovato per altri tre anni senza modifiche. Dal Centro dei Gesuiti con sede a Roma, dove ogni giorno incontra «uomini e donne che portano negli occhi la paura per ciò che hanno vissuto in Libia», padre Ripamonti riferisce che «torture e violenze ritornano nei racconti dei migranti che accogliamo e sempre più spesso assistiamo persone segnate nel corpo da percosse e abusi. Per ciascuno dei migranti che incontriamo e per i tanti che rimangono intrappolati nell’inferno libico – prosegue – vogliamo ribadire la grave responsabilità che l’Italia ha nel rimanere ferma e nel rinnovare tacitamente un accordo con la Libia, inaccettabile già nel 2017».

In particolare, il Centro Astalli ritiene «inaccettabile» che le denunce anche molto recenti delle Nazioni Unite riguardo a gravi violazioni accertate dei diritti fondamentali in Libia «siano rimaste inascoltate e non abbiamo sortito alcun effetto sulle condizioni in cui versano migliaia di uomini e donne nei centri per migranti in Libia». È «inaccettabile», per i Gesuiti del Centro Astalli, che, «in aperta violazione del principio di respingimento contenuto nella Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato, migliaia di migranti sono stati intercettati in mare dalla Guardia costiera libica e riportati in Libia contro la loro volontà». E che «nella gestione dei flussi migratori si continui a considerare la Libia come se non fosse un Paese in guerra», come se avesse un governo riconosciuto e stabile, «negando di fatto il caos in cui versa da tempo il Paese».

Insieme a tante altre organizzazioni umanitarie che si sono espresse in materia in questi giorni, il Centro Astalli torna quindi a chiedere «un piano di evacuazione rapido e immediato per i migranti imprigionati in Libia; l’istituzione di vie legali d’ingresso in Europa che interrompano la tratta degli esseri umani e le mortali traversate del Mediterraneo; il ripristino immediato di un’operazione europea di ricerca e soccorso che nel Mediterraneo eviti la morte quotidiana di innocenti o l’intervento dei libici».

4 febbraio 2020