Membri di Save the Children tra le vittime civili in Myanmar

I loro corpi tra i 35 ritrovati il giorno di Natale. Erano neo papà. La richiesta di una riunione urgente del Consiglio di sicurezza Onu sulle misure da adottare

Tra le 35 persone – uomini, donne e bambini – uccise venerdì 24 dicembre in un attacco dell’esercito del Myanmar nello Stato di Kayah, nell’est del Paese, i cui corpi, bruciati e mutilati, sono stati ritrovati la mattina di Natale, c’erano anche i due operatori di Save the Children che erano stati dichiarati dispersi. La conferma è arrivata ieri, 28 dicembre, direttamente dall’organizzazione internazionale, che è presente nel Paese dal 1995, fornendo assistenza sanitaria, cibo, istruzione e programmi di protezione dell’infanzia attraverso più di 50 partner e 900 dipendenti.

I due membri dello staff erano entrambi neo-papà, appassionati dell’educazione dei bambini. Uno di loro aveva 32 anni, un figlio di 10 mesi e lavorava da due anni con Save the Children come addetto alla formazione degli insegnanti. L’altro aveva 28 anni e una figlia di tre mesi e si era unito all’organizzazione sei anni fa. Per il momento, per motivi di sicurezza, non vengono diffuse le loro identità. Sono stati coinvolti nell’attacco mentre stavano tornando al loro ufficio dopo un intervento umanitario in una comunità vicina. I militari hanno fermato il convoglio e costretto le persone a scendere dalle auto. Alcuni sono stati arrestati, molti sono stati uccisi e i loro corpi bruciati.

Inger Ashing, Ceo internazionale di Save the Children, parla di una notizia «davvero terrificante. La violenza contro civili innocenti, compresi gli operatori umanitari, è intollerabile e questo attacco insensato è una violazione al diritto umanitario internazionale – afferma -. Siamo scossi dalle violenze perpetrate contro i civili e il nostro staff, che è impegnato in attività umanitarie a sostegno di milioni di bambini in tutto il Myanmar. Le indagini sulla natura dell’incidente continuano e stiamo facendo tutto il possibile per garantire al nostro personale e alle famiglie delle vittime il supporto di cui hanno bisogno dopo questo devastante evento. Purtroppo, questo non è un caso isolato – prosegue -. La popolazione del Myanmar continua a essere presa di mira dall’escalation di violenze e questi terribili episodi richiedono una risposta ferma e immediata».

La richiesta dell’organizzazione è che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si riunisca «il prima possibile per definire le misure che intende adottare per chiedere conto ai responsabili di questi fatti – ancora le parole di Ashing -. Gli Stati membri dovrebbero imporre un embargo sulle armi, concentrandosi anche sulla limitazione degli attacchi aerei osservati negli ultimi giorni. L’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (Asean) deve inoltre convocare una riunione urgente per rivedere e attuare l’Accordo in cinque punti stabilito ad aprile, che chiede l’immediata cessazione delle violenze in Myanmar». Ancora, nelle parole del Ceo internazionale di Save the Children, «l’inviato speciale dell’Asean deve adoperarsi affinché si trovi una mediazione per una soluzione diplomatica. Questi passaggi – conclude – sono terribilmente urgenti per proteggere i bambini e gli operatori umanitari. La nostra Organizzazione è affranta per due amati e insostituibili colleghi, la cui morte rappresenta una perdita per i bambini di Kayah e di tutto il Myanmar».

Al momento, informano da Save the Children, a seguito dell’attacco del 24 dicembre, sono state sospese temporaneamente le operazioni a Kayah, Chin e in alcune aree di Magway e Kayin. «L’organizzazione rimane comunque impegnata nell’aiutare i bambini più vulnerabili in Myanmar, specialmente in questo periodo di violenze estreme e di crisi», assicurano.

29 dicembre 2021