Medio Oriente, Pizzaballa: «La guerra finirà, ma l’odio non finirà presto»

Da Westminster, l’esortazione del patriarca a «ricostruire le relazioni tra palestinesi e israeliani, ma anche tra ebrei, cristiani e musulmani, per ricostruire la fiducia»

Conclusa con la partecipazione alla Messa per la prima domenica di Avvento presieduta dal cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, la visita di quattro giorni a Londra del patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa. Dalla Cattedrale di Westminster, il cardinale ha ricordato la realtà attuale della Terra Santa e la vita dei cristiani. «Da un punto di vista materiale – ha detto -, a Gaza non c’è una casa che non sia stata colpita, toccata dalle bombe, dalla guerra. Più di due milioni di persone sfollate. Anche in Cisgiordania la situazione è molto problematica. Oltre agli effetti materiali e fisici della guerra, c’è odio, sfiducia e paura».

Pronunciando l’omelia, il patriarca ha messo l’accento proprio sul  sentimento di paura. «Quando incontriamo persone ora a Gerusalemme, ovunque siamo, abbiamo paura di parlare, perché non sappiamo chi è, cosa pensa, dove si trova. È molto difficile, dove l’odio e la paura determinano queste relazioni, alzarsi, alzare la testa e guardare oltre, guardare alla nuvola per la venuta di Gesù», ha aggiunto citando le Scritture appena proclamate. «La nuvola, la presenza di Dio, è sempre lì. La guerra finirà – ha detto -. È una questione di tempo. Ma l’odio non finirà presto. Avremo bisogno, soprattutto dopo la guerra, dello spazio emotivo per parlare del futuro. Avremo bisogno di trovare persone che ci aiutino a guardare oltre, ad aprire i nostri cuori per ricostruire ciò che questa guerra ha distrutto. Non solo ricostruire le relazioni tra palestinesi e israeliani, ma anche tra ebrei, cristiani e musulmani per ricostruire la fiducia».

Pizzaballa ne è convinto: «Abbiamo bisogno di persone che ci aiutino ad alzarci in piedi, ad alzare la testa per vedere la presenza della nuvola. Dio è presente lì. Forse non nelle grandi istituzioni – politiche, sociali e religiose – ma a livello di base ci sono ancora tante persone, di tutte le fedi, che non hanno paura di fare qualcosa per l’altro. Nonostante tutto, il Regno di Dio sta ancora crescendo, è ancora presente nei “piccoli” del Vangelo». Le comunità, anzitutto. «Vedo come soffrono. Hanno perso quasi tutto – sono ancora le parole del porporato -, soprattutto a Gaza: hanno perso le loro case, le loro opportunità. Non hanno niente. Ma non sono in grado di dire una parola di rabbia. Non sono in grado di esprimere odio nonostante tutto. Dicono questo: “Siamo cristiani. Abbiamo Gesù”. Lo dicono in modo molto semplice. Nonostante tutto, rimangono attaccati al loro amore per Gesù».

Dal patriarca infine l’invito a pregare «di essere tra coloro che vogliono costruire relazioni, di aiutarci non solo ad alzare la testa, ma ad aiutare tutte le persone che incontriamo ad alzare la testa per guardare insieme alla nuvola, alla presenza di Dio, e a sviluppare relazioni di amicizia, fraternità e umanità, specialmente in questo momento in cui cerchiamo di disumanizzare l’altro. Sebbene i pellegrinaggi siano totalmente annullati, quando la situazione cambierà, spero che potremo vedervi tutti a Gerusalemme».

3 dicembre 2024