Maurice Bignami e Giuseppe Fidelibus, dagli anni di piombo alla conversione

Uno dei capi di Prima Linea e il carabiniere che fu suo carceriereall’incontro che ha aperto la scuola di formazione politica a San Tommaso Moro

La testimonianza di uno dei capi di Prima Linea e del carabiniere che fu suo carceriere nell’incontro che ha aperto la scuola di formazione politica a San Tommaso Moro

La forza di uno sguardo e la profondità di una voce. Maurice Bignami e Giuseppe Fidelibus guardano i tanti ragazzi che prendono posto nella sala incontri della parrocchia di San Tommaso Moro, alle spalle della Sapienza. Sono lì per ascoltare la loro storia. Maurice Bignami era uno dei capi di Prima Linea, l’organizzazione armata di estrema sinistra nata nel 1976. Il 19 marzo del 1980 Bignami uccide il giudice Guido Galli. Giuseppe Fidelibus è il carabiniere che, facendo il servizio militare, si ritrova a Firenze durante il processo. Il loro è un incontro che cambia il senso delle rispettive vite. «Quando Maurice entra in aula – racconta Fidelibus – si presenta con dei libri sotto il braccio e inizia a studiare. Lo guardo. La sua posizione mi provoca. Cristo è la risposta alla matita che punge quelle pagine? Risponde alla sua sete di conoscenza? Tra noi – continua – non c’è dialogo. Ma in quella distanza si stabilisce un rapporto forte. Ad unirci è un’ansia interiore. Il ponte tra me e lui è una domanda: Chi sono? La mia vita che valore ha?». E quasi commosso aggiunge: «Interrogativi che consumano la carne. L’ultimo giorno che ci siamo visti Maurice lascia l’aula accompagnato dai suoi libri. Mi dico: “Quest’uomo non posso perderlo”. Dentro di me recito l’Angelus e penso: “Signore fa che quest’uomo ti incontri”».

Passano trent’anni, Giuseppe è un professore universitario, è legato a Comunione e Liberazione. «Uno studente – ricorda Fidelibus – mi dà la rivista Tracce e sfogliandola vedo la faccia di Maurice dietro le sbarre. Leggo la sua storia: si era convertito. La fedeltà del Mistero mi permise di vedere quel che avevo chiesto. Trent’anni bruciati dal soffio dello Spirito». Si attiva e si incontrano. «Fu straordinario». E racconta degli aneddoti che descrivono una serie di incastri che legano le loro vite. Una serata che scorre ripercorrendo i difficili anni di piombo. «Capii che la violenza non era l’unica strada», dice Maurice Bignami. Ma cosa provoca la dissociazione dall’organizzazione armata? «Un incontro. Cambia il mio cuore. È qualcosa di molto forte, che passa attraverso la carne. È Cristo che parla, ci fa fratelli anche quando tutto ci divide». Un incontro provocato da uno sguardo femminile fatto di «tenerezza. È la dolcezza di Maria a portarmi a Cristo. I suoi occhi sono fecondi d’amore. E sconvolgono ogni percorso». Durante la sua testimonianza sottolinea: «Nel 1981 entro in carcere. Il 1982 è un anno fondamentale. Comincio a capire che c’è qualcosa di sbagliato alla radice. Inizia, così, un lungo processo che mi porta alla dissociazione dall’organizzazione militare e si arriva alla scioglimento della banda armata». E, nel suo lungo racconto, sottolinea: «La giustizia non è solo l’applicazione di una norma ma una relazione diversa con se stessi e il mondo. Questo cambiamento permette al male di diventare bene».

L’incontro apre il percorso di formazione sociale e politica avviato lo scorso anno dalla parrocchia di San Tommaso Moro. Infatti la sala è strapiena di giovani studenti e due di loro, Federica e Alberto, aprono il dibattito ripercorrendo la storia di quegli anni. «L’1% dei giovani è interessato alla politica», ha detto monsignor Andrea Celli, parroco di San Tommaso Moro introducendo la serata. «L’azione politica, invece, è importante. Nel nostro percorso proponiamo la catechesi applicata alla vita. Non c’è separazione tra ciò che si ascolta in parrocchia e ciò che si vive». Lo scorso anno hanno partecipato circa 80 ragazzi. «Organizziamo degli incontri e ad alcuni invitiamo politici di tutti gli schieramenti – aggiunge monsignor Celli -. Poi ci sono anche delle esperienze pratiche andando a visitare luoghi importanti: l’ospedale, il carcere il tribunale. Le nostre riflessioni hanno al centro l’uomo e la sua dignità».

15 ottobre 2015