Mattarella: «Sarò un arbitro imparziale»

Il discorso di insediamento del nuovo presidente della Repubblica. «La crisi ha inferto ferite e prodotto emarginazione e solitudine». L’ingresso al Quirinale

Il discorso di insediamento del nuovo presidente della Repubblica. «La crisi ha inferto ferite e prodotto emarginazione e solitudine». L’ingresso al Quirinale

«L’arbitro deve essere e sarà imparziale». È uno dei passaggi più applauditi del discorso di insediamento pronunciato da Sergio Mattarella a Montecitorio nella mattina di oggi, martedì 3 febbraio, dopo l’elezione di sabato scorso alla presidenza della Repubblica. Standing ovation dell’aula: tutti in piedi, da sinistra a destra. Anche chi Mattarella non l’ha votato. Ma gli applausi non si contano: 42, per 32 minuti di durata del messaggio. Su tanti punti del discorso: la crisi, il lavoro, la lotta alla mafia, le riforme, e per finire i volti degli italiani.

Alle 10 in punto il giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione, a norma dell’articolo 91. A salutarlo, come tradizione, il suono della campana di Montecitorio e 21 salve di artiglieria sparate dal cannone del Gianicolo. Il neoeletto presidente, rivolto al Parlamento riunito in seduta comune integrato dai delegati regionali (i 1009 grandi elettori), apre il suo discorso alla nazione ringraziando i suoi due predecessori Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano. Afferma di voler rappresentare l’unità nazionale e difendere i principi costituzionali, «che non possono rischiare di essere intaccati dalla crisi». Ma anche «l’unità costituita dall’insieme delle attese e dalle aspirazioni dei nostri concittadini», che «rischia di essere difficile, fragile, lontana». Mattarella si sofferma sugli effetti della pesante crisi economica e sociale che ancora attraversa il Paese: «Ha inferto ferite al tessuto sociale, ha aumentato le ingiustizie, ha generato nuove povertà, ha prodotto emarginazione e solitudine». Indica le urgenze: il lavoro, specie al Sud, la perdita di occupazione, l’esclusione, le difficoltà per diritti e servizi fondamentali, «agenda esigente su cui sarà misurata la vicinanza delle istituzioni al popolo».

La speranza è il filo conduttore del messaggio. Per un’Italia «più libera e solidale». Mattarella saluta gli stranieri presenti nel nostro Paese e sottolinea l’urgenza delle riforme, a cominciare dalla legge elettorale. «L’arbitro deve essere e sarà imparziale, i giocatori lo aiutino con la loro correttezza». Esprime soddisfazione per un «Parlamento di giovani, portatori di nuove speranze», e invoca l’esercizio della politica come servizio al bene comune. Parla della scuola come del fondamento della società e sottolinea che «garantire la Costituzione vuol dire garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna, in ambienti sicuri». E il loro diritto al lavoro e al futuro.

Di nuovo l’aula in piedi, proprio tutta, con un applauso prolungato, quando ricorda il valore della Resistenza e dell’antifascismo e l’importanza della lotta alla mafia, nominando Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. «La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità assolute. La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile». Definisce le mafie un «cancro pervasivo» e cita le parole di Papa Francesco sui corrotti, ringraziandolo per il messaggio di auguri che gli ha inviato. Mattarella fa appello alla pace e alla necessità di risposte globali contro il terrorismo internazionale. «Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell’ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano». Cita gli italiani rapiti, il gesuita padre Paolo Dall’Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli. Assicura poi il massimo impegno per la risoluzione della vicenda dei due marò italiani, Salvatore Latorre e Massimiliano Girone.

Il finale è tutto sui volti degli italiani , con l’auspicio che possano riflettersi negli uffici pubblici e nelle istituzioni. «Questi volti e queste storie raccontano di un popolo che vogliamo sempre più libero, sicuro e solidale. Un popolo che si senta davvero comunità e che cammini con una nuova speranza verso un futuro di serenità e di pace».

Dopo il discorso, il corteo presidenziale si dirige all’altare della Patria per il primo omaggio al Milite Ignoto da capo dello Stato, quindi il passaggio sulla storica Lancia Flaminia scoperta per le vie che portano al Quirinale, gli onori dei corazzieri, l’inno nazionale, L’ingresso nel Palazzo presidenziale alle 11.15. Sul Colle sale il Tricolore e il drappo presidenziale, ammainato il 14 gennaio scorso con le dimissioni anticipate di Napolitano. Intorno a mezzogiorno, nel Salone dei Corazzieri, il passaggio di consegne tra il presidente facente funzioni, Pietro Grasso, e il neoeletto Capo dello Stato, alla presenza di Giorgio Napolitano, che consegna l’insegna d’onore di Cavaliere di Gran Croce al suo successore.

3 febbraio 2015