Mattarella: per i rifugiati servono politiche serie, no alle barriere

La visita alla struttura di accoglienza del Centro Astalli a San Saba: appello all’Europa nella Giornata mondiale. Le testimonianze degli immigrati

La visita alla struttura di accoglienza gestita dal Centro Astalli a San Saba: appello all’Europa nella Giornata mondiale. Le testimonianze drammatiche degli immigrati

Bisogna «affrontare e governare» il fenomeno migratorio «con senso di responsabilità, con politiche serie e concrete che garantiscano sicurezza», basate sull’accoglienza. Come «ha scelto di fare l’Italia», come «occorre che faccia anche l’Europa». Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ribadito la linea da seguire nella gestione dei flussi migratori, durante la sua visita al centro di accoglienza per migranti San Saba, che si è svolta oggi, lunedì 20 giugno.

L’occasione è stata favorita dalla Giornata mondiale del Rifugiato, ma anche dalla ricorrenza dei 35 anni del Centro Astalli che gestisce la struttura. «È un bel segno nei confronti del lavoro che svolgiamo – ha affermato il presidente del Centro Astalli, padre Camillo Ripamonti -. Potendo contare anche su una parrocchia, è possibile un’integrazione che inserisca gli ospiti in un contesto concreto e favorisca il loro rapporto con i residenti della zona. Così si vive un arricchimento reciproco».

Ad ascoltare le parole del Capo dello Stato circa 200 ospiti, scappati da conflitti in corso in varie parti del mondo. Prima del suo intervento, i rifugiati hanno presentato le loro storie e le loro testimonianze. Come quella di Aweis, campione della nazionale di calcio somala, che a 24 anni è stato costretto ad abbandonare Mogadiscio per sfuggire alla morte per mano dei terroristi del gruppo di Al Shabaab. La richiesta di aiuto ai trafficanti, il deserto attraversato a bordo di un camion sul quale ha visto morire molti dei compagni di viaggio, le notti in carcere, in Libia. Nelle sue parole il percorso della sofferenza, fino all’approdo a Lampedusa, dopo avere attraversato il Mediterraneo su un barcone fatiscente. «Oggi Roma è casa mia. Ho un lavoro stabile, tanti amici e la vita non fa più paura», ha affermato.

Parvin, 26 anni, invece, è rifugiata da quando ne aveva sei. Prima la fuga dall’Afghanistan a causa della guerra, poi gli anni in Pakistan tra gli stenti, la fame e i tappeti da cucire. «Di quel periodo mi rimangono dei ricordi e delle mani troppo vecchie per una ragazza della mia età». A 16 anni ha conosciuto l’uomo che sarebbe poi diventato suo marito, Khan, giunto ad Ancona dopo avere attraversato Iran, Turchia e Grecia, dove si era nascosto sotto un motore di un camion che si stava imbarcando. «Poi, siamo riusciti a fare il ricongiungimento familiare. Oggi la nostra vita è serena».

È stato strappato dal suo lavoro e della sua famiglia, anche Felix, laureato in ingegneria energetica in Burkina Faso e impegnato nella scolarizzazione dei più piccoli nel suo Paese. «Tre militari mi hanno arrestato senza un reale motivo, ho trascorso tre giorni in carcere in condizioni disumane, poi sono riuscito a scappare fingendo un malore». È arrivato in Italia con un volo di linea, ma senza la sua famiglia che lo credeva morto. Famiglia che adesso, grazie al ricongiungimento, gli si è stretta attorno durante il suo intervento al cospetto del presidente della Repubblica. «Quello che sono stato nel Burkina Faso qui non conta. Non posso fare l’ingegnere e non sono certo di potere garantire un futuro sereno ai miei figli. Sogno di tornare nel mio Paese».

Dopo aver ascoltato le testimonianze dei tre ospiti della struttura, il presidente ha osservato che «da un lato ci sono i rifugiati, che fuggono da guerre, persecuzioni e miserie, dall’altro i Paesi di approdo, che vivono in pace e libertà. Dovrebbe essere un incontro semplice, ma non sempre è così. A volte ci sono reazioni diverse nei Paesi d’approdo, provocate da paura e tentativi di chiusura. Che sfociano nell’indifferenza». Servono quindi, a suo avviso, «buone politiche, serie e lungimiranti» piuttosto che «qualche barriera ai confini tra gli Stati». Mattarella ha sottolineato anche che «i rifugiati arricchiscono il nostro Paese: l’Italia soffre di un tasso di demografia basso e l’arrivo di giovani di talento e capacità, se ben governato, la arricchisce». Infine, un monito all’Europa, che «è contrassegnata dal rispetto della persona umana, ma questo principio non può essere a fasi alterne, non può essere usato solo per chi vive in Europa».

20 giugno 2016