Mattarella: «Pace tradita nel cuore dell’Europa. Non ci arrendiamo alla guerra»

Il presidente della Repubblica ha acceso la Lampada votiva sulla tomba di san Francesco d’Assisi, offerta dai Comuni d’Italia: «Gesto di fraternità che è prova di unità, espressione della pluralità di cui è ricco il Paese». Il ruolo delle religioni e lo “spirito di Assisi”

Dalla basilica di San Francesco d’Assisi è risuonato ieri, 4 ottobre, nella festa del Patrono d’Italia un messaggio forte di fraternità e di pace. Per l’Italia e non solo. A farsene portatore, il cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi, che ha presieduto la Messa, ma anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui è andato il compito di accendere la Lampada votiva che arde sulla tomba del santo, prima di rivolgere il suo messaggio alla nazione. Al centro, ovviamente, «la figura, la vita e la testimonianza» del santo, che «rivestono un significato profondo non soltanto per i credenti. Il Parlamento della Repubblica ha infatti voluto riconoscere il 4 ottobre come momento dedicato ai valori universali di cui san Francesco e santa Caterina, patroni d’Italia, sono espressione, qualificando questa giornata come solennità civile e giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra appartenenti a culture e religioni diverse». Indicando in qualche modo «un cammino di speranza, di condivisione, di attenzione anche verso la natura che ci è madre e a cui non abbiamo portato il rispetto dovuto».

A proposito della tradizione della Lampada votiva offerta ogni anno dai Comuni d’Italia, il capo dello Stato ha parlato di «un gesto di fraternità che è prova di unità ed è espressione della pluralità che rende il nostro Paese così ricco di esperienze, di bellezze, di creatività, di passioni civili». E proprio il santo di Assisi, ha rimarcato, «è una delle radici antiche della nostra identità. La forza profetica delle sue scelte di vita ha esaltato valori che sentiamo vivi per il domani dell’Italia, dell’Europa, del Mediterraneo, del mondo. La pace, anzitutto». Quindi lo sguardo di Mattarella è andato dall’Italia – che, nella Costituzione, vede la pace «come fondamento e traguardo della nostra comunità» – all’Europa». Anzi, alla «pace tradita proprio nel cuore dell’Europa, che nella prima metà del secolo scorso aveva conosciuto gli abissi del male e si era riscattata con nuovi ordinamenti interni e internazionali. Non ci arrendiamo alla logica di guerra, che consuma la ragione e la vita delle persone e spinge a intollerabili crescendo di morti e devastazioni – l’esortazione -. Che sta rendendo il mondo più povero e rischia di avviarlo verso la distruzione. E allora la richiesta di abbandonare la prepotenza che ha scatenato la guerra. E allora il dialogo. Per interrompere questa spirale».

Nelle parole del presidente della Repubblica, «la pace è un diritto iscritto nelle coscienze e rappresenta l’aspirazione più profonda di ogni persona, appena alza lo sguardo oltre il proprio presente». Non si tratta solo di assenza di combattimenti ma, «ci ricorda san Francesco, è connaturata all’armonia con il Creato. Quando si consumano a dismisura le risorse, quando si depreda la natura, quando si creano disuguaglianze tra i popoli, quando si inaridisce il destino delle generazioni future, ci si allontana dalla pace», il monito. Di qui l’indicazione di rotta: «Dobbiamo riparare, restituire. È la grande urgenza della nostra epoca. E non abbiamo altro tempo oltre questo. È un compito che riguarda tutti noi: nessuno è irrilevante, nessuna buona opera è inutile. È un compito che va svolto insieme».

La chiave «di interpretazione e di impegno» è quella offerta dal Papa – a cui è andato il saluto del capo dello Stato – quando parla di “ecologia integrale”. «È proprio questa la sfida», ha proseguito Mattarella, elencando gli ambiti d’intervento: «Equilibrio ambientale da ricomporre; giustizia sociale da perseguire rimuovendo gli ostacoli che le contingenze frappongono; diritto di ogni donna e di ogni uomo a sviluppare appieno la propria personalità. Con la sua vita, con le sue rinunce, divenute pienezza, san Francesco – ha sottolineato – aveva compreso in anticipo e si è posto alla testa di quanti vogliano condividere questa visione di salvezza per l’umanità». Proprio per questo, i gesti compiuti nella basilica «non rappresentano un rituale. Corrispondono alla consapevole rivendicazione del cammino che la Repubblica ha saputo compiere con la ricostruzione nazionale e lo sviluppo dopo la dittatura e la guerra, consolidando democrazia e libertà, portando nel mondo il contributo di un Paese operoso, creativo, aperto alla cooperazione e all’incontro tra le culture». Gesti, insomma, «che avvertiamo come un vincolo morale, per esprimere l’assunzione di valori e di criteri di vita».

Quindi, la riflessione sull’esperienza della pandemia. La Cei, ha rilevato il presidente, «ha voluto ricordare, in questa occasione, tutti coloro che si sono prodigati per contrastare il Covid-19 e le sue molteplici conseguenze e, insieme, le tante vittime di questa pandemia. Un atto di riconoscenza collettiva e un gesto di memoria riguardo a una calamità senza precedenti che ha colpito il nostro popolo». A quanti sono stati «volto e braccia delle istituzioni», agli operatori della sanità e dei servizi essenziali, ai militari, alle famiglie «che hanno sopperito con amore a ogni genere di carenza», ai volontari «che hanno portato fraternità dove c’era dolore, conforto e amicizia dove cresceva la paura»; a tutti loro è andato il «ringraziamento» del capo dello Stato. «Quella drammatica emergenza – ha detto – ha reso evidenti sentimenti radicati»: solidarietà, responsabilità verso gli altri, senso del dovere. «Abbiamo saputo affrontare insieme i momenti dolorosi e duri della pandemia grazie all’apporto della scienza, all’organizzazione sanitaria e alla professionalità del suo personale – il tributo di Mattarella -; grazie a quel senso di comunità che è presente anche se, talvolta, sottovalutato e che sa tradursi in comportamenti responsabili e attivi. È accaduto nei decenni passati. Si è ripetuto. È stata una preziosa ancora di salvataggio». Nell’analisi del capo dello Stato, se «la pandemia ci ha ricordato i nostri limiti, ci ha fatto toccare con mano quanto abbiamo bisogno gli uni degli altri. Anche a livello internazionale, con un’Europa che ha saputo essere protagonista positiva, aperta anche al sostegno verso popoli meno fortunati di altri continenti». Ma non è ancora finita: «Occorrerà ancora intelligenza collettiva e responsabilità».

Nel messaggio del presidente, infine, spazio al ruolo delle religioni «nella costruzione della pace», quando «riconoscono l’umanità nell’uomo, in ogni persona, anche in quelle di altri fedi. Abbiamo bisogno dello spirito di Assisi – la riflessione di Mattarella -; e che si propaghi! Pace, libertà, giustizia, democrazia si difendono con strumenti di pace, di libertà, di giustizia, di democrazia. I mezzi sono parte dei fini; e devono essere con essi coerenti». Lo dimostra lo stesso magistero di Francesco d’Assisi che, se è vero che «ha un preminente valore religioso, che le istituzioni della democrazia hanno il dovere di rispettare», contiene tuttavia anche «un messaggio che al di là della fede interroga ciascuno». Il riferimento del presidente è a quel “Vangelo sine glossa” in cui si traduce la predominanza della «coerenza dei comportamenti» sulle parole che li descrivono. «Più che le parole i comportamenti parlano; e la coerenza è la modalità, la condizione per dialogare in modo autentico». Oggi, alla vigilia dell’800° anniversario della sua morte, «guardiamo a lui come a uno dei padri della nostra civiltà, come a un visionario che plasma la realtà, capace di indicare il percorso verso un futuro al quale intendiamo essere fedeli – l’esortazione -. Un futuro migliore! È questo, oggi, l’augurio da Assisi: per l’Italia e per il mondo».

5 ottobre 2022