Mattarella: «Cooperazione internazionale negli studi e nella ricerca»

Il presidente della Repubblica all’Università di Parma per la laurea honoris causa in “Relazioni internazionali ed europee”. «Risorse del Pnrr per dare maggior forza agli atenei»

“Le università, fondamento dell’idea di Europa, motori del suo futuro”. Questo il tema della lecio doctoralis pronunciata ieri, 4 ottobre, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’Università degli Studi di Parma in occasione della cerimonia di conferimento della laurea honoris causa in “Relazioni internazionali ed europee”. Alla base della sua riflessione, il rischio di «asimmetrie tra le università delle diverse nazioni» prodotto dai processi di modernizzazione dei sistemi universitari. La rete degli atenei tuttavia «è riuscita a rimanere fitta quasi ovunque – la riflessione del capo dello Stato -, pur se si è fatta strada l’idea insidiosa che soltanto il perseguimento dell’eccellenza possa rappresentare il futuro dell’alta formazione; talvolta con la spinta a concentrare le risorse su pochi atenei, rischiando di riprodurre implicitamente un modello di formazione destinata soltanto ad alcuni». Al contrario, «il metodo migliore resta la costante ricerca della connessione tra la selezione e la valorizzazione delle eccellenze da un lato e l’impegno continuo per l’ampliamento e la diffusione delle conoscenze dall’altro. Anche per consentire che emergano possibili protagonisti della ricerca e del sapere, senza che venga loro precluso l’accesso agli studi superiori». La meritocrazia, è il monito, «non può essere sinonimo di una formula che legittimi chi si trova già in posizione di privilegio, bensì quella di chi aspira a mettersi in gioco».

Nella riflessione di Mattarella, «un elemento decisivo è sempre stato, e lo è ancor oggi, la cooperazione internazionale negli studi e nella ricerca», che non sarebbe possibile oggi «se l’Europa postbellica non avesse intrapreso con coraggio la strada del superamento dei nazionalismi e dello spirito belligerante. E se al posto di sistemi totalitari non fosse emerso un costituzionalismo aperto, capace di comprendere e interpretare le novità, rispettoso della persona umana e del valore della pace, definiti nella nostra Carta repubblicana». Auspicabile quindi che «la mobilità tra atenei riceva impulso anche all’interno del nostro sistema universitario», per una migliore circolazione di idee ed esperienze. «Non si è eredi di una storia ricca e preziosa senza responsabilità. Ambire a guidare l’Europa – ha spiegato – non è possibile se non si ha una chiara visione della complessità dell’umanesimo europeo di cui le università sono parte attiva». Umanesimo che «supera vecchi e nuovi confini perché crede che la dignità della persona si misuri prima di tutto nel coraggio del dubbio, nel valore dell’attitudine critica. Lo spirito umanistico non affonda le proprie radici in valori calati dall’alto, quanto piuttosto nella consapevolezza della necessità della ricerca», ha continuato il presidente.

Decisiva, per il capo dello Stato, «la scelta di filoni di ricerca peculiari per poter davvero incidere sulla realtà», nella consapevolezza che «non c’è istituzione al mondo, non c’è mercato o impresa in cui, come nell’università, ciascuno possa mettersi alla prova a un livello così alto». Volgendo poi lo sguardo ai due anni difficili della pandemia di coronavirus, Mattarella ha invitato a «fare tesoro degli insegnamenti che ne abbiamo tratto»: nonostante i lutti, le limitazioni e la crisi che ne è scaturita, «abbiamo compreso, oltre ogni ragionevole dubbio, quale valore abbiano la conoscenza scientifica, la professionalità degli operatori, la coesione sociale, la risposta comune che viene dal senso civico e dalla coscienza di un destino condiviso». Tutti valori di cui «il modello sociale europeo è innervato». Valori al contempo «culturali e sociali» ma anche «civili, indicati nella vita quotidiana. Le istituzioni europee e le politiche pubbliche dell’Unione – ancora le parole di Mattarella – ne dovranno sempre più tenere conto».

Anche le disponibilità del Piano nazionale di ripresa e resilienza possono contribuire a «per dare maggior forza alle università e renderle ancor più una risorsa essenziale per lo sviluppo del Paese. È un impegno delle istituzioni, delle università nella loro autonomia, delle forze sociali e di quelle economiche, insomma di tutte le parti dinamiche di quelle articolazioni che rendono ricca la vita delle nostre comunità». Il presidente ne è convinto: «All’Europa di domani, l’università europea può dare molto. Non separare il destino della democrazia da quello dell’alta cultura è una chiave indispensabile per affrontare le trasformazioni della società globale». Dagli atenei infatti si può trarre il “profitto” della «crescita del capitale umano, vera forza del Paese, nonché i frutti della ricerca da porre a disposizione dell’intera comunità». Mantenendo lo sguardo alle origini della convivenza europea, di cui «l’università è  uno degli elementi di fondo».

Proprio alle istituzioni europee Mattarella rivolge la richiesta di inserire in agenda, «accanto alle grandi questioni incompiute della sicurezza e della armonizzazione economica e fiscale, anche il tema della dimensione universitaria. Appare maturo – osserva – il tempo di un diritto universitario europeo, inserito se necessario nei Trattati, così da porre il nostro continente all’avanguardia nel fornire un supplemento di garanzie, se occorre anche speciali e temporanee, agli studenti e ai docenti delle università, nel loro percorso». Si tratta, ha osservato, di una questione che «deve essere proposta e può trovare posto nel percorso di riflessione della Conferenza sul futuro dell’Europa. Democrazia e libertà hanno bisogno del sapere che le università alimentano, non possono rinunciare al confronto delle idee e delle conoscenze che dalle università trae origine e impulso – ha concluso -. Le università sono state, nei secoli, motori dell’Europa; che oggi è la nostra casa. L’auspicio è che sappiano continuare ad esserlo anche nel futuro».

5 ottobre 2021