«Alla magistratura è affidata dalla Costituzione la tutela dei diritti e la garanzia di giustizia ad essa connessa; senza questa lo Stato democratico, fondato sull’uguaglianza e sulla dignità della persona, sarebbe gravemente incrinato. Per questa ragione la società guarda con grandi aspettative all’attività giudiziaria, dalla quale si attende – a buon diritto – risposte credibili e risolutive, anche e proprio perché incidono su pretese contrapposte e a volte in conflitto insanabile tra loro». Nella serata di ieri, 26 febbraio, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha incontrato al Quirinale i magistrati ordinari in tirocinio nominati con decreto ministeriale del 12 febbraio 2019.

Davanti a una realtà sociale «multiforme ed eterogenea e, soprattutto, in evoluzione continua e sempre più veloce», ha affermato, nascono «istanze di tutela inedite, per risolvere le quali non sempre il legislatore interviene in maniera tempestiva. Molto spesso – le parole di Mattarella – la magistratura è chiamata responsabilmente a elaborare soluzioni nuove e concrete, che devono trovare comunque, necessariamente, nel tessuto normativo il loro fondamento e, al tempo stesso, il loro limite». Di qui, dunque, il richiamo ai «valori e principi della Costituzione» come «sicuro riferimento» nell’interpretare e applicare le norme, «compito fisiologico per i magistrati». La tesi del presidente della Repubblica è che «occorre aver ben chiaro il confine che separa l’interpretazione della legge dall’arbitrio nella creazione della regola e dalla imprevedibilità della risposta di giustizia. Arbitrio e imprevedibilità che rischierebbero di minare in maniera seria la fiducia nell’ordine giudiziario e la sua credibilità».

Nel discorso di Mattarella anche il riferimento all’«evoluzione giurisprudenziale», che è «un’esigenza ineludibile per la crescita della civiltà giuridica, un valore per l’ordinamento», a condizione che sia «il frutto di un percorso che richiede serietà nell’approfondimento e ponderazione nelle scelte: vi sono estranee estemporaneità e avventatezza. Compete anche a voi, giovani magistrati – la consegna del Capo dello Stato -, farvi carico di un’interpretazione delle norme che sia responsabilmente orientata ad assicurare una risposta giudiziaria adeguata alle istanze di tutela ma necessariamente sempre radicata nel diritto positivo».
Questo «anche in ossequio all’indipendenza nell’esercizio della funzione giudiziaria, condizione irrinunciabile e valore riconosciuto dalla Costituzione, tutelato dall’attività del Consiglio superiore della magistratura». In concreto, significa «darne attuazione nella consapevolezza del singolo magistrato che la sua decisione, per quanto individuale, è espressione dell’ordine giudiziario al quale appartiene». Centrale allora, insieme al sapere giuridico, anche «la capacità di ascoltare e di confrontarsi culturalmente, in maniera franca e rispettosa, innanzitutto all’interno dell’ufficio giudiziario, come pure in tutte le occasioni di elaborazione e approfondimento che la magistratura ha promosso, ormai da tempo, in ambito sia professionale che associativo».

Dal presidente della Repubblica anche un richiamo alla «grande responsabilità sociale» che caratterizza le funzioni «che vi apprestate a svolgere», all’insegna di «professionalità e riserbo, avendo sempre presente il principale dovere che deve assumere il magistrato: l’eticità dei suoi comportamenti, anche nelle varie forme di comunicazione». Dopo aver ricordato il «contributo molto alto» pagato dalla magistratura italiana «per assicurare la tutela delle istituzioni democratiche», Mattarella ha evidenziato che «non hanno deciso di essere eroi e non hanno interpretato la funzione giudiziaria come un compito volto ad acquisire meriti e riconoscimenti; hanno semplicemente scelto di svolgere la loro attività con coerenza e con rigorosa dedizione, avvertendone e difendendone l’alta dignità». Il ricordo di queste grandi figure, ha continuato, «ha lo scopo di evocare lo stile esemplare del loro essere magistrati al servizio della giustizia e del Paese, senza aver ricercato notorietà: le figure esemplari sono quelle di coloro che si dedicano, con generosità e disinteresse personale, all’affermazione dei valori di libertà e di giustizia mettendo – talvolta anche consapevolmente – a rischio la propria vita. La Repubblica – ha concluso – vi affida un compito difficile ma affascinante, appunto, per realizzare il quale – ne sono certo – saprete esprimere il meglio di voi stessi con la necessaria passione civile e la virtù del coraggio, paziente e discreto».

27 febbraio 2020