Maria, tenda e “tempio” di carne e di amore
L’incarnazione del Figlio, esodo per altri esodi: una discesa dal Cielo, per altre discese nelle suburre più profonde della miseria umana
Quella dell’esodo diventa, nei Vangeli, una metafora privilegiata per indicare l’incarnazione di Gesù: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio». Ora cammina nel mondo, ora è venuto in mezzo agli umani, Colui che “in principio” era presso Dio. C’è un aspetto che potremmo chiamare “teologico” dell’esodo del Figlio di Dio che lo vede uscire dalla sua residenza celeste per stare con la famiglia umana. «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Il verbo che traduciamo con “venne ad abitare” è – nel testo originario greco – eskènosen, che, più letteralmente, può essere reso con “e pose la sua tenda” in mezzo a noi. Un Dio che va ad abitare sotto una tenda fa pensare alle dimore mobili dei pastori o di quelle etnie di popoli eternamente transumanti.
Un Dio che si fa corpo di poveri e che va ad abitare nelle loro insicure residenze, esposte ai venti del deserto, agli scorpioni e ai serpenti, agli attacchi vigliacchi degli egoisti o dei briganti. Lasciati fuori dalle porte della città dove, invece, si dorme sicuri, difesi da case murate e da leggi protettive. L’incarnazione del Figlio è, dunque, un esodo per altri esodi, una discesa dal Cielo, per iniziare altre discese nelle suburre più profonde della miseria umana. Dice, infatti, ancora, il Prologo di Giovanni: «Egli venne fra i suoi ma i suoi non l’hanno accolto». I suoi stessi fratelli costringono Gesù ad essere perennemente errante.
Il Vangelo di Luca racconta cosa accadde prima del concepimento di Gesù, nel seno di Maria. Ed è davvero intrigante accorgersi di come, per portare l’annuncio alla ragazza di Nazareth, anche l’angelo Gabriele si mettesse in marcia, affrontasse un cammino. Certamente fu un volo – perché gli angeli viaggiano sulle ali – ma fu pur sempre un esodo perché anch’egli dovette spostarsi da un luogo all’altro, uscire dalla sacralità del Tempio ed “emigrare” in una cittadina sperduta della campagna. Il luogo dove l’Angelo Gabriele si mostrava era, infatti, il Santo, lì, dove, nel, Tempio, risiedeva Dio stesso e si faceva presente accanto ai sacerdoti di Israele. Accadde che Zaccaria, marito di Elisabetta, che pure era un uomo giusto, che osservava i precetti e i divieti della Legge di Mosè, mancasse, però, della cosa essenziale: la fede. Il sacerdote che officiava nel tempio non credette alla parola di Dio che l’angelo gli rivelava, e con cui gli veniva donata la gioia di un figlio! Fu allora che Dio dovette decidere di far uscire dal Tempio il suo messaggero e di farlo volare fino a una casa ordinaria, in un luogo lontano della profana regione di Galilea. Sulle ali dell’angelo Gabriele possiamo vedere il Volto di Dio stesso, che esce dal Tempio a lui consacrato – ma dove non c’è più chi crede in Lui! – per andare a cercare la fede nell’“eccomi” di una donna. Sarà proprio lei, col suo cuore e col suo grembo, quella tenda dove il Figlio di Dio verrà ad abitare. Come una nuova “terra promessa”; come un “tempio” di carne e d’amore.
27 settembre 2021