“I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni è stato al centro del secondo appuntamento, in Vicariato. Prossimo e ultimo incontro il 29 gennaio con Dostoevskij
«Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti…». È impossibile non riconoscere sin da queste prime parole “I Promessi Sposi”, tappa obbligata di ogni programma scolastico. Il romanzo di Alessandro Manzoni è stato al centro del secondo appuntamento delle Letture teologiche dedicate ai grandi classici della letteratura cristiana, svoltosi ieri , giovedì 22 gennaio, nell’aula della Conciliazione del Palazzo Lateranense. I tre relatori della serata hanno aiutato a interpretare questa importante opera letteraria, ciascuno da una particolare prospettiva.
Paolo Asolan, docente alla Pontificia Università Lateranense, ne ha messo in evidenza l’aspetto teologico, affermando con certezza che con quest’opera Manzoni «intende narrare per via letteraria la manifestazione di Dio, le sue azioni, nella vita degli uomini». Il grande tema della Provvidenza, secondo Asolan, è accompagnato da un «rapporto dialettico tra anima dell’uomo e storia del mondo in cui egli vive, che non giustifica nessun determinismo di tipo sociologico, anzi riconosce vivo il senso della responsabilità personale e del libero arbitrio, ma nell’insieme fa sentire quali e quante attenuanti possa avere la debolezza umana, la sua condizione di creatura ferita dal peccato», come nei casi di don Abbondio e della monaca di Monza.
Sulla grande capacità di narrazione figurativa di Manzoni si è soffermato nel suo intervento Rodolfo Papa, docente alla Pontificia Università Urbaniana e storico dell’arte. «Nei paesaggi che troviamo nell’opera, non c’è una descrizione generica ma la volontà catechetica di raccontare alcune cose». Il riferimento è al capitolo 33, quando Renzo passa davanti al suo orticello devastato, dando inizio a una minuziosa descrizione di tutte le piante che prima lo ornavano e delle erbacce che ora lo sfigurano. «Manzoni – spiega Papa – rivela il piano della Provvidenza attraverso quest’ordine apparentemente caotico ma preciso, di una natura-allegorica. Le piante, infatti, nella tradizione cristiana hanno un significato profondo: i fichi, ad esempio, rappresentano la carità, i ciliegi il sangue di Cristo e i susini rimandano a Cristo stesso, mentre le piante selvatiche sono simbolo del peccato».
La scrittrice Susanna Tamaro, infine, ha rivelato di avere scoperto in età adulta la grandezza de “I Promessi Sposi”, sostenendo che «far leggere i classici della letteratura a scuola sia un vero e proprio incitamento ad abbandonare quanto prima il piacere della lettura». Per la Tamaro, se un insegnamento può essere tratto dal romanzo, è contenuto nella triste storia della monaca di Monza. «In quel racconto – sostiene – mi sembra racchiuso un grande monito a noi cristiani: l’unico vero peccato è il non amore, il non saper vedere, il non saper accogliere, il non riuscire a scorgere nella fragilità dell’altro la propria e dunque ergersi a giudici, ad arbitri sempre pronti a scagliare condanne».
«Se lo scopo del nostro incontro – ha concluso il cardinale vicario Agostino Vallini – è riavvicinarci a questa opera, credo che i nostri bravi relatori ci siano riusciti. Manzoni ci appare ora molto più profondo e provocatorio anche per una rilettura della nostra vita».
Il prossimo e ultimo appuntamento con le letture teologiche è per il 29 gennaio, sempre nell’Aula della Conciliazione del Palazzo Lateranense, con “L’idiota” di Dostoevskij.
23 gennaio 2015