Manuel: «Se avessi davanti chi mi ha sparato mi metterei a ridere»

Il nuotatore di 19 anni rimasto vittima di un'aggressione all'Axa all'inizio di febbraio, torna per la prima volta al Centro federale di Ostia. Sulla sedia a ruote, ma con il sorriso di sempre

«Per guardare avanti non bisogna voltarsi indietro». Ha negli occhi la determinazione dell’atleta e il sorriso dei suoi 19 anni, Manuel Bortuzzo, la promessa del nuoto italiano raggiunto da un colpo di pistola nella notte tra il 2 e il 3 febbraio davanti a un locale nel quartiere Axa, periferia sud della Capitale. Poco lontano da quel Centro federale di Ostia che da qualche tempo per lui, trevigiano, è diventato una seconda casa, dove costruiva il suo avvenire nel mondo dello sport, e dove ieri, 13 marzo, è tornato per la prima volta, a 39 giorni da quella notte che ha cambiato la sua vita. «Solo dal punto di vista fisico però – rimarca ai giornalisti -. Sono sempre lo stesso: il sorriso c’era prima e c’è adesso. Certo non muovo le gambe ma avrei potuto sbattere la testa e magari non essere più me stesso».

Raggiunto da un proiettile che non era indirizzato a lui e che gli ha provocato una lesione del midollo, Manuel lotta con la forza di sempre per raggiungere i suoi sogni. Olimpiadi comprese. «Dove mi vedo tra 10 anni? Mi sa ancora in tv, per un motivo o per un altro, ma spero in piedi». Racconta di aver visto il filmato dell’agguato ma «non ho mai maledetto quel momento. Non sono arrabbiato e non ho rimpianti – aggiunge -. Doveva andare così ed è andata così. Non ha senso ripensarci, non cambia la situazione e ti fai solo del male. Quello che è successo però mi ha reso più forte e sicuro».

Accanto a lui, papà Franco e mamma Rossella, insieme al presidente della Federnuoto Paolo Barelli. Con lui, i campioni del nuoto azzurro e di tutti gli sport, atleti che conoscono il sapore della fatica e di quelle vittorie preziose che nascono dalle sconfitte più amare. Quel desiderio di avere sempre nuovi obiettivi che è «l’atteggiamento che ti insegna lo sport», confida Manuel. «Sinceramente non mi ricordo nemmeno di quando mio papà  mi ha detto che non avrei più camminato, fatico a ricordarmi la prima settimana passata in ospedale – confessa – ma se mi capitano dei momenti di sconforto mi ripeto che ce la posso fare. Quello che dicono gli altri non mi interessa, io so quello che sento e che provo. Il percorso è lungo ma ho cominciato alla grande, sento che siamo sulla strada giusta».

Racconta della prima volta in piscina, al centro di riabilitazione della Fondazione Santa Lucia, dove lo stanno seguendo medici e fisioterapisti specializzati. «Non sentivo le gambe in acqua ed è stato strano; poi quando mi sono immerso completamente è sembrato tutto normale – ricorda -. L’acqua è tutto. Ti senti libero, quando nuoti. Non hai pensieri». Nelle sue parole, nessuno spazio all’odio o al rancore verso i suoi assalitori, i due ragazzi di Acilia Lorenzo Marinelli e Daniel Bazzano. «Se li avessi davanti penso che mi metterei a ridere perché non ha senso quello che hanno fatto», afferma il nuotatore. Poi aggiunge: «Non si tratta di perdonare o meno. Io semplicemente non do loro nessun peso, li lascio perdere. Avranno le loro conseguenze, pesanti o meno. Non sono loro due il problema -sottolinea – ma il contesto sociale. Forse l’unica cosa che posso dire è che dovrebbe accadere a loro quello che è successo a me per capire».

A Manuel insomma non interessa chi lo ha costretto sulla sedia a rotelle. «Voglio tornare come prima. Il mio obiettivo era partecipare alle Olimpiadi e non è cambiato: se tutto andrà bene ci andrò. Non penso alle Paralimpiadi, voglio prima vedere dove posso arrivare». E non pensa nemmeno ad andarsene dalla Capitale. «Anzi, vorrei cambiare casa – aggiunge – Roma mi ha tolto tanto ma penso che mi darà anche tanto. Sto bene qua, ho gli amici e la morosa». La chiama così, con le parole del dialetto con cui si dicono gli affetti più cari, Martina, che era accanto a lui la notte dell’aggressione. «Abbiamo passato in un mese quello che la gente non passa nemmeno in una vita».

14 marzo 2019