Manovra «pericolosa». Becchetti boccia il governo

Una finanziaria “bella” agli occhi del popolo ma spericolata e rischiosa. L’economista di Tor Vergata critica la prossima legge di bilancio: «Come Schettino, per far bella figura si va a sbattere contro gli scogli»

Reddito e pensioni di cittadinanza, superamento della Fornero, Flat tax, riduzione delle spese militari per sostenere economicamente la riforma dei Centri per l’impiego, risorse per scuola e salute. A guardar bene c’è anche un incremento del Fondo per il Servizio civile. La “manovra del popolo” piace a tanti italiani, come qualche sondaggio suggerisce in questi giorni, ma non all’Europa. Per Leonardo Becchetti, professore ordinario di Economia politica all’Università di Tor Vergata, tuttavia non c’è da prendersela con gli eurocrati. «Sembra una bella finanziaria ma in realtà è molto pericolosa – spiega Becchetti -. Io la paragono alla manovra di Schettino che per fare bella figura con i passeggeri vuole passare vicino alla costa ma poi va a sbattere contro gli scogli».

A parlare non è un esponente dell’opposizione ma un economista il cui nome, tra l’altro, è finito anche nel totoministri di questo governo. E la bacchettata, a questo punto, è ancora più sonora. Sebbene lo spread fra Btp e Bund, dopo aver superato quota 340 nei giorni scorsi, sia attualmente rientrato sotto i 300, il declassamento di Moody’s, l’agenzia di rating che abbassato la valutazione dei titoli di Stato italiani, preoccupa e non poco. «Chi fa una manovra – spiega Becchetti – deve tener conto dei rischi che si prende». E in questo caso, sembrano senza dubbio alti, come conferma lo stesso economista. «È una navigazione molto vicina agli scogli, ovvero a una crisi finanziaria tipo quella che abbiamo già vissuto e che portò all’arrivo di Monti e della Fornero». Proprio quegli spettri che Lega e M5s vorrebbero cancellare dalla storia d’Italia.

Una manovra «spericolata». Sembra una citazione di Vasco, ma qui a cantarne quattro al governo è proprio Becchetti. «Per poter restare con un rapporto debito/Pil in equilibrio o in lieve calo, la manovra ha bisogno di un tasso di crescita del 1,5 per cento – spiega l’economista -. Questo tasso rappresenta, rispetto alle previsioni di tutti gli enti accreditati, una previsione molto ottimistica, perché si parla dell’1 per cento». Difficile capire come fare per recuperare quel mezzo punto, aggiunge Becchetti, «soprattutto con una manovra che ha dato molto a pensionati e lotta alla povertà mentre ha mantenuto invariato o peggiorato la situazione del sistema produttivo, perché una parte di queste risorse si vogliono ottenere aumentando la tassazione sulle banche». Sarebbe stato meglio «spalmare» quanto contenuto nella legge di bilancio «in un arco di tempo più ampio, ovvero in due o tre anni – aggiunge Becchetti -. In questo modo, invece, si va ad uno scontro triplice: con l’Unione europea, con i mercati finanziari e con le agenzie di rating», che non hanno tradito le previsioni degli economisti. «In Italia abbiamo un debito molto alto e ogni giorno i risparmiatori mondiali decidono se comprare o no questi titoli – spiega Becchetti -. Così ci poniamo in una condizione di minore appetibilità e rischiamo che sia i risparmiatori stranieri, ma anche quelli italiani, vendano i nostri titoli e comprino quelli di altri Paesi. Tutto ciò produce questo effetto sullo spread, ovvero porta alla perdita di valore dei titoli. Se lo spread dovesse arrivare a 400 le banche dovrebbero ricapitalizzare e fare nuovi aumenti di capitale, andrebbero in difficoltà».

Effetto boomerang. Il paradosso di questa legge di bilancio, spiega ancora Becchetti, è che per fare quello che il governo ha promesso, sarà lo stesso “popolo” della manovra a pagarne il prezzo più alto. «Già con uno spread a 300 si parlava di 3 miliardi in più di spesa per interessi – spiega l’economista -. Quando si parla di pensioni d’oro e di vitalizi si tratta di qualche centinaio di milioni, mentre questo governo, con questa manovra, sta sprecando 3 miliardi. Se lo spread dovesse arrivare a 400, poi, il conto raddoppia e diventano 6 i miliardi all’anno in più in spesa per interessi». Lo spread a 400, così, «si rimangia tutto quello che il governo mette sul piatto delle pensioni o del reddito di cittadinanza. Alla fine non si capisce dov’è il beneficio se non quello ideologico di dire “noi siamo i buoni contro i cattivi”. Ma non c’è nessun cattivo: è come cadere in un burrone e dare la colpa alla legge di gravità. Tutti sanno che legge di gravità esiste».

Reddito di cittadinanza? «Controverso». In linea di principio, il reddito di cittadinanza voluto dal M5s non è una misura negativa, continua Becchetti. «Persino grandi pensatori liberali dicevano che il reddito di cittadinanza è necessario in una società – spiega l’economista – ma perché si trasformi in qualcosa di utile ci vogliono molte condizioni». Per Becchetti, il reddito di cittadinanza targato cinquestelle è «una cosa molto controversa perché per essere positivo deve dare una base minima ma deve anche stimolare a trovare un lavoro. Funziona se si evita la trappola dell’inoccupabilità e se funziona la condizionalità». Anche l’aumento dei consumi generato dalla misura, così come spesso sottolineato dal governo Conte, non convince appieno. «L’effetto sui consumi è indubbio», ammette Becchetti, tuttavia, non è detto che la misura possa rispondere appieno alle aspettative del governo, e qui la questione diventa squisitamente economica. «Per potersi ripagare, ci deve essere una crescita del reddito superiore di due o tre volte rispetto alla variazione dei consumi perché solo un 30 per cento di questo reddito verrà pagato in tasse – sottolinea Becchetti -. Di fatto, sei miliardi di spesa devono produrre 18 miliardi di reddito ma questo può accadere solo se si mettono in moto dei meccanismi moltiplicativi, per cui le aziende investono di più, acquistano più scorte. L’effetto moltiplicativo atteso è un po’ fantasioso. Nella storia, effetti moltiplicatori così grossi non ce ne sono».

Stiamo già pagando il conto. Tra alti e bassi, emergenze e decreti, intanto, l’operato di questo governo, nato da una coalizione quasi inimmaginabile in campagna elettorale, non supera l’esame del professore Becchetti. «La mia idea è molto negativa – chiosa – ma il problema vero è che si gioca sul tema della comunicazione e sulla percezione che i cittadini hanno dei problemi. Da addetto ai lavori, penso che viviamo in un’epoca molto difficile nella quale quello che i politici possono fare è veramente poco. Tendenzialmente, quindi, chi è al potere viene giudicato quasi sempre molto negativamente dai cittadini perché hanno grandi aspettative non soddisfatte. Questo fattore ha giocato molto sul governo passato, ad esempio. Penso che molte delle promesse di questo governo erano irrealistiche e adesso i nodi stanno arrivando al pettine». Intanto, mentre il Paese aspetta ancora il piatto forte di questo governo, c’è qualcuno che già batte cassa. «Tutta questa fase è stata gestita con parecchia imperizia – conclude Becchetti -: di fatto finora non è arrivato nulla e stiamo già pagando un conto che potrebbe arrivare a 4-5 miliardi l’anno solamente per l’effetto annuncio».

25 ottobre 2018