Mandato missionario, De Donatis: «Donatevi gratuitamente»

L’arcivescovo vicario ai missionari in partenza consegna la croce ricavata dal legno dei barconi di Lampedusa: «Missione nella logica della croce e dell’affidamento a Dio e non in se stessi»

Da Roma al Camerun, al Bangladesh e in Brasile per annunciare il Vangelo. Due religiose e una missionaria hanno ricevuto ieri sera, giovedì 19 ottobre, il mandato missionario durante la veglia diocesana svoltasi nella basilica di San Giovanni in Laterano e avente per tema “Ho udito il grido del mio popolo” tratto dall’Esodo. «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» è il messaggio che il vicario del Papa, monsignor Angelo De Donatis, ha invitato a scolpirsi nel cuore, lo stesso che Gesù consegnò ai discepoli inviandoli in missione. Già allora esisteva una sproporzione tra il numero degli operai e la messe, ha evidenziato «ma è una sproporzione necessaria affinché la missione sia vissuta nella logica della croce e dell’affidamento a Dio e non in se stessi. Pregare significa lasciarsi inviare».

Suor Lucia Citro missionaria delle Saveriane svolgerà il mandato in Camerun, suor Celestina Sebastine, dell’Immacolata – Pime, sarà destinata in Bangladesh e Raffaella Campana missionaria della comunità di Villaregia andrà in Brasile. Hanno ricevuto il Vangelo e la croce realizzata con il legno recuperato da un barcone degli immigrati con due chiodi sopra per raffigurare Cristo ed assemblata dai giovani della cooperativa sociale “Rò La Formichina” della comunità Papa Giovanni XXIII. La veglia si è aperta con una preghiera di ringraziamento per la liberazione, mercoledì 18 ottobre, di don Maurizio Pallù, il sacerdote della diocesi di Roma rapito da un gruppo di miliziani in Nigeria e per il popolo somalo colpito dall’attentato che sabato 14 ottobre ha provocato nella capitale oltre 300 morti, tra cui molti bambini. Un atto terroristico che per Papa Francesco «merita la più ferma deplorazione» come ha detto nell’udienza di mercoledì.

Significative le testimonianze di monsignor Giorgio Bertin e padre Daniele Mazza missionari all’estero da molti anni. Il primo è vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio e ha lavorato in Somalia accanto al vescovo Pietro Salvatore Colombo assassinato il 9 luglio 1989. Ha esortato ad essere «sacramento di salvezza» più che missionari affinché anche gli altri popoli possano essere «operatori di quella vigna dove la messe è veramente abbondante». Citando alcuni martiri italiani uccisi in Somalia negli ultimi decenni ha ricordato che sono «semi che producono, esempi che hanno aperto gli occhi a tante persone lontane dal Vangelo» e ha auspicato che possano essere una testimonianza per musulmani e non credenti affinché si impegnino per la giustizia, la pace, la fraternità e la ricerca della verità.

Per il vescovo è importante «coinvolgere persone al di là dei confini della nostra fede perché la missione e l’evangelizzazione vanno oltre il numero dei battesimi, devono portare le persone all’incontro con Cristo nascosto nei piccoli e nei poveri». Padre Daniele Mazza del Pime, dal 2008 è impegnato in Thailandia dove si dedica al dialogo interreligioso con i buddisti e organizza attività legate all’educazione e all’assistenza degli anziani e dei bambini disabili e abbandonati. Ha condiviso i doni ricevuti in questi anni di missione come l’aver vinto le proprie paure e trovare il coraggio di lavorare in luoghi non facili come il carcere minorile, il braccio della morte e le baraccopoli. Ha invitato ad andare oltre i propri confini raccontando la sua esperienza all’università dove era l’unico cattolico tra 27 mila monaci buddisti. «Il sacramento dell’incontro mi ha permesso di allacciare belle amicizie che hanno portato ad un dialogo vero e alla richiesta di insegnare cristianesimo in una università buddista». Ha consigliato di vivere ogni momento con passione ma senza affanno.

Monsignor De Donatis durante la meditazione si è soffermato sullo sguardo compassionevole di Gesù nei confronti di chi lo seguiva e lo ascoltava «affaticati soprattutto dall’assenza di qualcuno che si occupasse di loro, li aiutasse a tessere legami. È quello sguardo che genera la chiamata al servizio e l’impegno dei discepoli perché il Suo amore non è egoista, non ci trattiene ma ci consegna agli altri affinché, attraverso di noi, possano amare quello sguardo». «Udire non con le orecchie ma con il cuore il grido di dolore degli scartati del mondo» è l’esortazione di don Michele Caiafa, addetto al Centro per la cooperazione missionaria tra le Chiese.

20 ottobre 2017