Malattie autoimmuni: trattati 3 bambini con Car-T

Al Bambino Gesù la terapia sperimentata per la prima volta su pazienti pediatrici: due ragazze italiane e un bambino ucraino di 12 anni, fuggito dalla guerra. «Benefici rilevanti»

Remissione della malattia e stop all’assunzione di farmaci immunosoppressori. Sono da ritenersi un vero successo i risultati ottenuti dalla cura con cellule Car-T applicata per la prima volta su pazienti pediatrici affetti da gravi patologie autoimmuni all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Due ragazze italiane e un bambino ucraino di 12 anni, fuggito dalla guerra, hanno ottenuto «benefici rilevanti e sostenuti nel tempo» grazie all’innovativa terapia genica basata sulla manipolazione dei linfociti T del paziente. «Tutti e tre i pazienti avevano risposto in maniera insoddisfacente a terapie immunosoppressive aggressive, necessarie per la gravita della loro malattia, e allo stesso tempo avevano sviluppato importanti effetti collaterali. I risultati ottenuti con le cellule Car-T ci incoraggiano a proseguire nella direzione di un trial clinico che possa comprendere un numero più ampio di pazienti pediatrici affetti da varie malattie autoimmuni in cui un ruolo fondamentale nello sviluppo è giocato dai linfociti B», ha spiegato Fabrizio De Benedetti, responsabile dell’area di ricerca di Immunologia, reumatologia e malattie infettive.

I risultati del trattamento sono stati presentati recentemente a Padova, nell’ambito dei lavori del Centro Nazionale 3 per lo sviluppo della terapia genica previsto dal Pnrr, e ancora a Rotterdam, in occasione dell’ultimo Congresso europeo di Reumatologia pediatrica. «Usando lo stesso bersaglio – spiega Franco Locatelli, responsabile dell’area di Oncoematologia e Terapia cellulare e genica dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù e professore ordinario di Pediatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore – trasliamo il medesimo approccio di terapia genica da un contesto di malattia neoplastica (leucemie e linfomi) a un contesto di patologia non neoplastica, ma dove gli elementi che producono il danno sono i B-linfociti che esprimono Cd19».

La prima paziente, una ragazza messinese di 17 anni affetta da lupus, è a quasi 9 mesi ormai dall’infusione di cellule Car-T. Il secondo paziente, il bambino ucraino di 12 anni affetto da dermatomiosite, è a 7 mesi dal trattamento. La terza paziente, una ragazza romana di 18 anni anche lei affetta da lupus, è a circa 2 mesi dal trattamento. Era stata ospedalizzata per 6 mesi di seguito, dipendente da ossigeno, più volte assistita in rianimazione, con effetti collaterali importanti dovuti alle terapie cortisoniche. Oggi è a casa in buone condizioni generali di salute. «La terapia genica – sottolinea il presidente dell’Ospedale Bambino Gesù, Tiziano Onesti – rappresenta una sfida e un’opportunità unica per i sistemi sanitari globali. Ci consente di offrire risposte concrete a pazienti che fino a poco tempo fa erano senza speranza, affrontando malattie genetiche e condizioni cliniche gravi in modo personalizzato e mirato».

18 gennaio 2024