Mafie, per i ragazzi c’è una “alternativa”

Siglata al Miur un’intesa tra vari soggetti per garantire pari opportunità ai minori provenienti da contesti familiari mafiosi, accompagnandoli nella nuova realtà

Il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, quello della Giustizia Alfonso Bonafede, Elena Bonetti, ministro per Pari opportunità e Famiglia. E ancora, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, Giovanni Bombardieri, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, il presidente del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria Roberto Di Bella e don Luigi Ciotti, presidente di Libera. Sono i firmatari dell’intesa siglata ieri, 5 novembre, nella sede del Miur con l’obiettivo di garantire pari opportunità ai minori provenienti da contesti familiari mafiosi, fornendo loro una “alternativa” alla vita criminale.

L’idea è quella di valorizzare le potenzialità dei minori che attuano questa scelta, creando una rete che li accompagni nella nuova realtà sociale. E ancora, individuare una rete di famiglie, case famiglia e strutture che diano supporto economico, logistico, psicologico e lavorativo alle donne e ad interi nuclei familiari che decidono di dissociarsi, a seguito dei loro figli, dai contesti ‘ndranghetisti. Una mano tesa, dunque, a quei ragazzi che spesso non hanno altra scelta se non continuare una storia familiare all’insegna dell’illegalità, ma anche a quegli adulti che scelgono di affrancarsi dalle logiche criminali, senza necessariamente scegliere la strada del collaboratore di giustizia. Come è successo già alle 25 donne calabresi portate fuori dal contesto ‘ndranghetista. Altre 25 al momento sono in attesa.

A parlare di loro è Cafiero de Raho. «Mamme – le definisce – che da sole, in modo silenzioso, si sono avvicinate ai magistrati per trovare per loro e i loro figli un’alternativa. L’intervento dei ministri e della Cei consente di guardare al progetto per il futuro come un grimaldello che cerca di scassinare un sistema chiuso. La ‘ndrangheta – prosegue – si sgretolerà quando si capirà che al di fuori ci sono prospettive di miglioramento. I criminali ci saranno sempre ma non ci sarà sempre il sistema criminale di oggi».

Per la realizzazione degli obiettivi dell’intesa è prevista la costituzione di un comitato tecnico scientifico che avrà il compito di approvare un piano annuale delle attività, predisporre gli aspetti gestionali e organizzativi delle iniziative previste e monitorarne l’andamento. Protocolli fondamentali, spiega Fioramonti, per «sradicare fenomeni che dipendono anche da legami personali e familiari. Io ho avuto la fortuna di vivere in contesti che mi hanno protetto – aggiunge – ; è compito della società aiutare a superare le difficoltà di chi non ha avuto questo privilegio». Sulla stessa linea il ministro Bonafede: «Quando l’illegalità è una scelta obbligata, significa che lo Stato ha fallito. Con questo protocollo intendiamo dare una speranza a chi non l’ha mai avuta». I minori, anzitutto. «Sono convinta che dalla centralità dei diritti dei minori possa e debba ripartire tutta la speranza che l’Italia ha per il suo futuro», le parole del ministro Bonetti.

Per don Luigi Ciotti, da diversi anni in prima linea nella lotta alle mafie con l’associazione Libera, «occorre una svolta perché sono 164 anni che noi parliamo di mafia. Nonostante l’impegno di chi ha sacrificato la propria vita, a cui va tutta la nostra gratitudine, serve ancora una svolta». Quello che è necessario, per il presidente di Libera, è «cambiare la prospettiva, perché se tutto ciò è avvenuto forse lo abbiamo anche permesso. Uno scatto in più deve essere fatto da tutti. La mafia più pericolosa – prosegue – è la mafia delle parole: parlare e non fare. Ne abbiamo sentite tante nel corso degli anni».

6 novembre 2019