Mafie. I ragazzi della droga nella Capitale

Rapporto “Under” dell’associazione Antimafie daSud su minori e criminalità. A Roma i più giovani arruolati nello spaccio, che rimane il vero business

Rapporto “Under” dell’associazione Antimafie daSud su minori e criminalità. A Roma i più giovani arruolati nello spaccio, che rimane il vero business

«Se vuoi sape’ se giro co’ la pistola già hai rotto er cazzo», dice Lorenzo che viene da uno dei quartieri di Roma più attivi della geografia del mondo della droga. Nella città di Mafia Capitale, il vero business continua a essere ancora lo spaccio di stupefacenti, come dimostra il rapporto “Under”, realizzato dall’associazione Antimafie daSud. Attraverso storie e dati, il dossier cerca di indagare come i minori diventino dei baby criminali. I giovani romani possono fare le vedette a San Basilio e Bastogi o i corrieri a Ostia e Ponte di Nona, possono confezione la droga a Casalotti come a Centocelle. Alla Romanina no, nel clan dei Casamonica meglio non mettere piede. Oppure possono ottenere una posizione di spicco dentro le bande specializzate nello spaccio di Primavalle, come “Pagnottella” che a sedici anni aveva il compito di rifornire pusher più grandi di lui. “Benny Capoccione” invece di anni ne aveva 24 quando è stato arrestato, a giugno del 2016, ed era considerato il capo di un gruppo che faceva base nelle case popolari di via San Biagio Platani, a Tor Bella Monaca. È questa la distanza tra i baby boss romani e i coetanei napoletani e pugliesi: raramente i primi hanno la credibilità di diventare “grossisti” nel mercato della droga e, a guardarli dall’alto della piramide, anche i fornitori dei pusher restano pesci piccoli. Segno che le organizzazioni criminali tradizionali, la ‘ndrangheta e la camorra soprattutto, hanno un ruolo centrale anche a Roma.

Secondo l’osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione, operano ventitré organizzazioni dedite al narcotraffico: ci sono i morti ammazzati giovanissimi, come il diciassettenne Federico Caranzetti, che il 6 gennaio 2014 venne freddato a Tor Bella Monaca con due colpi di pistola alla testa da un coetaneo. Le vittime innocenti come il diciottenne Edoardo Sforna, ucciso il 23 agosto del 2011, probabilmente per uno scambio di persona, da un killer ancora ignoto dopo sei anni. Addirittura a Ponte di Nona, ma non è l’unico caso, per qualche mese sul finire del 2016 quando calava il buio venivano fatti esplodere i fuochi d’artificio sempre allo stesso orario. Un segnale chiaro, per chi conosce la realtà dei rioni della Camorra, dove è un modo per “reclamizzare” l’arrivo della droga. Lorenzo conosce bene questa parte di Roma, che si è sviluppata negli ultimi vent’anni oltre il Grande raccordo anulare. Sulla carta, avrebbe dovuto avere una forte vocazione pubblica, data la presenza di migliaia di alloggi di edilizia popolare. Nella realtà gli spazi per la socializzazione si sono ridotti drasticamente, i servizi sono inesistenti e i parchi pubblici sono andati distrutti. Basta questo per trasformare un quartiere giovane e pieno di speranze in una delle quattro periferie romane più a “rischio”, come affermato anche dal capo della polizia Franco Gabrielli l’11 gennaio 2017 nel corso dell’audizione in Commissione Periferie alla Camera.

E se Ponte di Nona non è ancora criminalmente strutturata come altre zone come San Basilio, Tor Sapienza o Tor Bella Monaca, è facile ipotizzare che sia solo questione di tempo. «Qui ancora non abbiamo capi, almeno io non ne ho. Ci sono quelli a cui sai che non devi rompere il cazzo, ma se ti fai i cazzi tuoi, non sgarri e sei preciso, qui puoi stare tranquillo: a me nessuno ha mai chiesto niente». Per Lorenzo la carriera criminale nel mondo della droga è iniziata da piccolo, a dodici anni, reggendo «il fumo e la coca per gli altri», i più grandi. Presto ha scalato la scala gerarchica, facendo un po’ di tutto, fino a mettere in piedi un gruppo di ragazzi più giovani che si riforniscono da lui. Alla sua età potrebbe iscriversi all’università, ma non ha nemmeno il diploma. In compenso, sa come procurarsi una pistola pulita. Dei genitori non parla volentieri: «Mia madre non è contenta di quello che faccio, ma se c’è bisogno mi chiede i soldi», mentre il padre non lo vede da qualche anno. Vive con la mamma, le sorelle, la sua ragazza e il figlio. «Questa è sempre stata la mia vita, non saprei dire nemmeno come ho iniziato né che fine farò. Non ci penso al futuro, il futuro non c’è».

24 maggio 2017