Madre Vannini e la sua riposta «all’appello dell’uomo nel bisogno»

Nella basilica di San Camillo la Messa di ringraziamento per la canonizzazione, presieduta dal vescovo Daniele Libanori. Le “sue” suore in 23 Paesi di 4 continenti

Capace di una autentica «relazione fraterna» con tutti, «specie i poveri e i piccoli», madre Giuseppina Vannini, fondatrice delle Figlie di San Camillo, elevata all’onore degli altari da Papa Francesco domenica 13 ottobre, «come ogni donna e ogni uomo che ha gustato l’amore del Signore» ha operato affinché «tutti possano sperimentarlo». Così il vescovo Daniele Libanori, ausiliare per il settore Centro, ha delineato il profilo della nuova santa nel corso della solenne celebrazione da lui presieduta ieri sera, 15 ottobre, nella basilica a ridosso di via Veneto intitolata a San Camillo, al cui carisma l’opera di madre Vannini è strettamente legata.

Quando nel 1906 Papa Pio X «benedì la prima pietra di questa chiesa – ha ricordato nel suo saluto iniziale madre Zelia Andrighetti, superiora generale delle Figlie di San Camillo -, alla cerimonia era presente anche madre Vannini»; il Papa, che la conosceva personalmente, le chiese «con sorpresa a che titolo lei si trovasse lì e la risposta della nostra fondatrice fu una sola: era una figlia che onorava il proprio padre».

Nella sua omelia Libanori ha evidenziato come la «nota parabola sul giorno del giudizio, quando il Signore separerà i giusti dagli ingiusti come un pastore, a sera, divide le capre dalle pecore», è foriera di «un messaggio fondamentale: il Signore viene incontro all’uomo inviando non solo i suoi discepoli ma anche i poveri e gli ultimi» e proprio «nella loro condizione c’è l’annuncio di salvezza» sicché «è beato chi lo accoglie e compie così l’opera di Dio, sapendo ascoltare il grido di chi geme». La salvezza, ha spiegato il presule, «sarà di chi, come madre Vannini, oggi maestra esemplare per la Chiesa, avrà risposto all’appello dell’uomo in stato di necessità», laddove «la condizione di bisogno è di per se stessa espressione di un’ingiustizia». Da qui «l’invito a una conversione profonda per ognuno – ha aggiunto Libanori – affinché non ci limitiamo a guardare l’altro solo superficialmente, dall’esterno, ma sappiamo riconoscere che in ogni creatura Dio ha posto l’immagine del suo Figlio».

Soprattutto con chi soffre «dobbiamo essere solidali, non levando la croce ma aiutando a portarla – ha detto ancora il vescovo -, praticando quella carità operosa che fa vedere nei poveri e negli ultimi degli amici, quelli che parleranno bene di noi al cospetto di Dio»; e questi amici «voi li incontrate nella vostra opera a favore dei malati, nata dalla capacità di madre Vannini di riconoscere nel loro grido l’eco di Dio – ha concluso Libanori rivolgendosi alle tante suore Camilliane presenti -. Teneteli cari perché sono loro i portatori della buona notizia».

Le suore professe della congregazione si dedicano in tutto il mondo all’assistenza dei malati sul piano professionale e spirituale in ospedali, lebbrosari, case di riposo e di cura. Sono circa 800, presenti in 23 Paesi di 4 continenti. Suor Sabina è originaria del Burkina Faso e opera in Italia, nella casa generalizia di Grottaferrata, dal 2014. «La gioia e l’emozione per il dono della canonizzazione di madre Giuseppina sono indescrivibili a parole – ha detto -: è stata una grande grazia essere presente a Roma per poter vivere questo evento e nella preghiera ho portato anche tutte le sorelle lontane che non hanno potute essere in piazza San Pietro, così come quelle vissute prima di noi, che tanto hanno condiviso del carisma della nostra madre e che di sicuro ci hanno accompagnato dal cielo».

16 ottobre 2019