Madre di Misericordia

Chi accoglie nel suo grembo a vita custodisca in se una Sapienza divina, che è Misericordia divina a pieno titolo. È la via indicata dalla Vergine

Chi accoglie nel suo grembo la vita custodisca in sé una Sapienza divina, che è Misericordia divina a pieno titolo. È la via indicata dalla Vergine Maria

Quali titoli possono essere più belli di quelli di madre e di padre? Certo, in questi tempi in cui la discussione sull’umano e i suoi ruoli si fa sempre più accesa, in cui i confini di ogni responsabilità si fanno sempre più evanescenti, proporre titoli sul Padre e sulla Madre come oggetto di riflessione può risuonare come vera e propria dichiarazioni di guerra ma, lungi dal voler cadere nella trappola della polemica, ricordare l’onore e la responsabilità che derivano dall’essere madre o padre, nel contesto di una riflessione sulla Misericordia, è voler dare uno sguardo sui compiti “alti” e “altri” che si nascondono dietro i titoli di Padre e di Madre, titoli non solo pienamente biblici ma talmente fondanti che, mi permetto di ricordare, vanno ben oltre la Bibbia stessa.

Il nostro è un Dio di Misericordia che nel suo nucleo per noi, come abbiamo già visto, si mostra sia nell’aspetto maschile che femminile, si rivela agli uomini come Sapienza Creatrice ma anche come Amante in cerca della sua amata (Cantico dei Cantici). L’amore che vuole comunicarci è così comprensivo che non rifiuta nessuna delle immagini relative all’amore e alla vita che gli vengono attribuite. Il grande hallel (“Lode” in ebraico) del salmo 135 ( “eterna è la sua misericordia” ) ci racconta un eterno che non può non avere misericordia, generare misericordia senza fine, misericordia divina che ama presentarsi “attraverso”: attraverso la creazione, attraverso la vita, attraverso i fatti della vita, attraverso i ruoli e le figure in cui siamo abituati a godere e contemplare l’amore. Il Dio dei nostri padri ama talmente questo presentarsi “attraverso” che vuole essere Lui stesso generato e accolto dall’oggetto del suo Amore per diventare Lui stesso oggetto di amore. Vuole vivere questa comunicazione d’amore su se stesso e godere dell’accoglienza amorosa umana. Forse questa cosa può suonare assurda o strana, come se un artista fosse talmente innamorato della sua opera da volersi far partorire da essa, ma è proprio così, e per quanto possa suonare “originale”, la cosa è comprensibile solo in un’ottica di comprensione amorevole, totale passione misericordiosa, partecipazione completa a una logica di scambio “alla pari” come solo l’amore agapico-trinitario può concepire e mettere in opera.

L’essere genitori nell’economia della salvezza, quindi, è al di là della genetica e dell’appartenenza carnale; prima di tutto è un fatto d’amore per generare l’amore. Una madre che concepisce un figlio solo nella carne è possibile ed usuale ma, capiamo bene, troppo limitante l’essere umano e l’amore che egli desidera ricevere e desidera dare. La Sapienza divina, personificazione di Dio stesso, non è semplicemente l’insieme delle cose sagge e giuste di Dio o per Dio, Essa è lo scrigno prezioso in cui si incontrano il progetto di Dio, la creazione, Dio stesso e l’uomo (Pro 8,22). La Redenzione è il mezzo per arrivare al fine sapienziale di quest’incontro nel quale tutto prende senso, tutta la creazione trova pienezza. Il primo “luogo” dove questo è realizzato come primizia è il più tenero dei luoghi, il grembo della Vergine Maria, luogo dove la luce di senso del progetto divino, della Sapienza divina, comincia a illuminare l’uomo stesso e il creato intero. Maria, che accoglie per amore tutto questo, guadagna il titolo di “Sede della Sapienza”, ma non potrebbe esserlo a ragione se non fosse anche “Madre di Misericordia” poiché, lo sappiamo bene, la Sapienza non sarebbe se non fosse, contestualmente, Misericordia infinita (Sap 9,1-11).

Se tutto quello che abbiamo fin qui detto è valido e giusto per Dio, e dovrebbe farci riflettere profondamente, è lecito chiedersi come il ruolo di chi accoglie nel suo grembo alla vita custodisca in se una Sapienza divina, che è Misericordia divina a pieno titolo. Se Dio stesso ci indica questa strada come la strada scelta da Lui per Amare e farsi amare di amore totale, possiamo capire come il ruolo di una madre e di un padre – si, perché i padri non possono sottrarsi dall’accogliere e custodire la vita, pur nella loro legittima e sacrosanta mascolinità! – siano l’anello di congiunzione, la chiusura del circolo, di quell’amore che chiede di diventare Agape, che accoglie e viene accolto in continuazione, secondo l’eterna logica Trinitaria che ama solo di amore perfetto, e che vuole includere a se’ ogni amore.

Solo ci rendessimo conto della grazia e della gioiosa responsabilità che Dio ha messo nelle nostre mani … quante discussioni inutili eviteremo e quanta buona responsabilità ne ricaveremo!

La realtà dei fatti può essere molto distante dalla comprensione e dalla pratica di quanto abbiamo appena detto, ma la sapienza di Dio che previene sempre le nostre debolezze ci offre in Maria una strada, un esempio, un modello al quale guardare, ricorrere e dal quale cercare aiuto. Ad ognuno di noi è lecito pensare che nelle funzioni di padre e di madre – ed ovviamente non parlo solo per i genitori – che la vita ci offre, e la nostra fede ci chiama a vivere, possiamo trovare la pienezza di Misericordia del Padre celeste che vuole farsi comprendere come Amore e che ci chiama ad imitarlo in quest’amore affinché tutti lo comprendano. Maria che in questo circolo di grazia si è data per prima, e per prima ha ricevuto la reale potenza dell’eterna misericordia divina (Lc 1,50), è sempre pronta ad indicarci la via. L’atteggiamento più bello ed intenso della Madre di Misericordia è testimoniato dall’Evangelista Luca con un «conservava tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,19 – Lc 2,51), atteggiamento biblico-sapienziale del popolo d’Israele, non solo per ricordare e meditare la Misericordia di Dio nella Storia, ma anche premessa necessaria per attualizzare in ogni “oggi” quell’Amore che è eterno ed eternamente rivolto al bene di tutti i suoi figli.

Maria insegna a noi oggi e sempre che la Misericordia di Dio «si stende su quelli che lo temono», dove il “temere” non è “paura” ma responsabile custodia di ciò che ci è affidato, riconoscimento di un amore che sempre ci supera e sempre ci supererà ma è anche capace di mettersi nelle nostre mani come un piccolo bambino appena nato.

13 gennaio 2016