“Ma il cielo è sempre più blu”, ritratto di un’Italia divisa

Il brano pubblicato nel 1977 da Rino Gaetano è ancora di grande attualità

Un’Italia impaurita, frammentata, incattivita, con crescenti disuguaglianze. Così alcuni mesi fa la disegnava il Censis, così emerge ogni giorno dai social, lasciando in ombra quel mare di bene che pure vi si opera. «Il miracolo italiano trasformato in un incubo», secondo il Censis. L’economia che non decolla, anzi lo spettro della recessione che ritorna. Aziende e negozi che chiudono. Il potere d’acquisto in termini reali inferiore del 6% rispetto a dieci anni fa. Lo squilibrio che cresce tra Nord e Sud. Il disagio giovanile palpabile, che si manifesta in varie forme, dalle periferie delle grandi città ai centri di provincia.

Resta di grande attualità, nonostante il trascorrere del tempo, quel ritratto dell’Italia proposto nel 1975 con “Ma il cielo è sempre più blu” da Rino Gaetano, il cantautore di origine calabrese morto prematuramente a trent’anni a causa di un incidente stradale sulla via Nomentana a Roma. Erano anni tormentati, gli anni della crisi economica e del terrorismo. Anni in cui era maturato il successo di un cantautore originale come Gaetano, lontano dallo starsystem della musica leggera (la sua partecipazione al Festival di Sanremo 1978 avvenne sul filo del paradosso con “Gianna”) ma anche dal linguaggio dei cantautori “tradizionali”. Basti ricordare, solo per citare altri tre suoi successi, “Mio fratello è figlio unico”, “Aida” e “Nun te reggae più”.

Abbastanza inutile commentare le parole di “Ma il cielo è sempre più blu”, che nella versione completa dura oltre otto minuti. C’è solo da lasciarsi catturare dalle emozioni di quella voce ruvida, intensa, incalzante e di quei versi che raccontano ancora – purtroppo – le contraddizioni di un Paese diviso e con gravi sacche di povertà. Come non pensare a «chi vive in baracca» (dai rom ai migranti delle nostre periferie) o ai tantissimi che «sudano il salario», a «chi ha scarsa memoria» (chissà quanti esempi potremmo citare) o a «chi ha fatto l’indiano» (idem, specie in politica), a «chi gioca d’azzardo», piaga dilagante della società, a «chi muore al lavoro», a «chi odia i terroni»… E così via. Un esempio di musica sempre viva, aperta a cogliere l’inquietudine dell’uomo.

3 settembre 2019