L’ultimo saluto di San Leone I al suo parroco don Vito Di Nuzzo

Alla guida della comunità da 32 anni, è morto l’8 ottobre, a 69 anni. Le esequie con De Donatis. Don Boumis: «Un onore poter guardare alla sua passione»

«Custode fedele» della Parola di Dio annunciata quotidianamente alle comunità affidategli. Un «servitore della gioia» che ha vissuto «la beatitudine del cuore» perché aveva scoperto che «il segreto» della vita di un sacerdote si cela nella quotidiana «complicità tra lui e la Parola». Dal ritratto che il cardinale vicario Angelo De Donatis fa di monsignor Vito Di Nuzzo emerge la figura di un sacerdote che, usando l’espressione cara a Papa Francesco, l’«odore delle sue pecore» lo portava appiccicato addosso. Parroco di San Leone I da 32 anni, don Vito è morto giovedì 8 ottobre all’età di 69 anni. Negli ultimi sei anni era stato anche prefetto della XIV prefettura. Più piccolo di otto fratelli, era nato a Durazzano, in provincia di Benevento, il 4 maggio 1951. L’8 agosto 1976 era stato ordinato sacerdote nella diocesi di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti e nel 1982 incardinato in quella di Roma.

Ai funerali, celebrati sabato mattina 10 ottobre, c’era tutta la “sua” comunità e non solo. Come ha ricordato il cardinale vicario, per tante persone don Vito «è stato come un pedagogo» e celebrando «con fedeltà l’Eucaristia e i sacramenti» li ha accompagnati «verso una vita nuova rivestita di Cristo». Tra i banchi tanti dei giovani, oggi adulti, ai quali ha dedicato una parte della sua vita tra gli anni ‘70 e ‘80 in qualità di vice parroco a Santa Silvia, al Portuense, dove era rimasto per 13 anni prima di arrivare, nel 1988, a San Leone I in via Prenestina. Con il porporato hanno concelebrato una trentina di sacerdoti e tre vescovi: Gianpiero Palmieri, vicegerente della diocesi di Roma, Giuseppe Mani e Valentino Di Cerbo, arcivescovi emeriti rispettivamente di Cagliari e di Alife-Caiazzo.

De Donatis e Di Nuzzo si erano conosciuti negli anni ’70 al Pontificio Seminario Romano Maggiore. Formatosi negli anni post-conciliari, don Vito riteneva che la parrocchia dovesse crescere per diventare sempre più una comunità cristiana, riunita intorno alla Parola di Dio. Per rendere possibile questo, «ha lavorato con passione, creatività e con evangelica determinazione fino all’ultimo dei suoi giorni», ha detto il cardinale. La formazione cristiana dei suoi fedeli era la sua unica preoccupazione, portandolo a trascurare, «purtroppo», ha aggiunto il vicario, le sue condizioni di salute.

Tra le lacrime, i parrocchiani hanno ricordato il sorriso con il quale don Vito accoglieva tutti. Pamela lo definisce «un padre» che riceveva ogni persona «a braccia aperte ma se era il caso era capace di fare la voce grossa e rimproverare». Un tratto, questo, che ha rimarcato anche il cardinale vicario, il quale ha ricordato la disponibilità del confratello «attento a tutto, intelligente, a tratti severo, burbero in qualche momento». Ma soprattutto, ha detto, è stato «un prete profondamente buono e generoso, esigente con se stesso prima ancora che con gli altri». Nell’ultima telefonata intercorsa tra il porporato e il sacerdote, quest’ultimo gli ha confidato «di non aver desiderato altro che stare al posto in cui il Signore lo aveva collocato». Per questo, ha concluso il vicario del Papa per la diocesi di Roma, «ha servito e amato la comunità di San Leone I con amore forte e geloso, spendendosi totalmente per il Vangelo di Gesù».

Monsignor Mani lo aveva conosciuto alla fine degli anni ’60 accogliendolo nel Pontificio Seminario Romano Maggiore e seguendolo in qualità di padre spirituale. Ha ricordato «la gioia di una giovane vocazione che avrebbe portato frutto». Ora se lo immagina «in paradiso, dove ha iniziato a chiedere ai santi di intercedere per la sua comunità della quale continuerà a essere il protettore». Per don Paolo Boumis, fino allo scorso anno viceparroco a San Leone I, «è stato un onore poter servire il Signore guardando alla sua passione» e attingendo dalla sua «testimonianza di fede». Don Vincenzo Sarracino, invece, è arrivato nella parrocchia di via Prenestina da pochi giorni ma ha «subito percepito la grandezza e l’umiltà di un sacerdote che si è consumato per la sua comunità». Le offerte raccolte durante la celebrazione sono state destinate alla casa d’accoglienza “San Giovanni Calabria”, attigua alla parrocchia Santa Maria Madre della Misericordia, che don Vito di Nuzzo ha sempre sostenuto.

12 ottobre 2020