L’ultimo saluto di Roma a Gianni Minà

Il 29 marzo in Campidoglio, nella Sala della Protomoteca, la camera ardente del giornalista, scrittore e conduttore tv scomparso il 27 marzo a 84 anni

«Perdiamo un giornalista originale, attento e mai banale, un uomo che amava la cultura. Ciao Gianni». Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano affida a Twitter il suo omaggio a Gianni Minà, giornalista, scrittore e conduttore televisivo scomparso ieri, 27 marzo, a Roma, all’età di 84 anni. Tra i padri nobili del giornalismo italiano, alle spalle oltre 60 anni di carriera fuori dal coro, costellati da interviste ai grandi dell’attualità e della politica, ma anche della musica, dello spettacolo e dello sport, Minà si è spento nella Capitale, nella clinica Villa del Rosario, dopo una breve malattia cardiaca. E Roma gli renderà l’ultimo omaggio domani, 29 marzo, in Campidoglio, dove sarà allestita la camera ardente, nella Sala della Protomoteca, accessibile ininterrottamente dalle 10 alle 19. «Si raccomanda l’utilizzo della mascherina FFP2», è l’unica annotazione che arriva da Roma Capitale. «Addio a Gianni Minà, un vero maestro del giornalismo e della televisione – scrive su Twitter il sindaco Roberto Gualtieri -. Acuto, ironico, impegnato, con uno stile e una capacità unica di raccontare il mondo e i grandi personaggi del nostro tempo. Un abbraccio affettuoso alla famiglia e a tutti quelli che gli volevano bene».

Nato a Torino il 17 maggio 1938, Gianni Minà ha iniziato la sua carriera come giornalista sportivo per Tuttosport nel 1959. Entrato alla Rai, ha curato rubriche e servizi di musica e sport, seguendo per la rete pubblica cinque Olimpiadi, tre mondiali di calcio e i più importanti incontri di pugilato. Dopo aver esordito per il rotocalco Sprint, ha realizzato reportage e documentari per rubriche come Tv7, Dribbling, Odeon. Tutto quanto fa spettacolo, Gulliver ed è stato tra i fondatori del programma L’altra domenica. Per il Tg2, dal 1976 ha realizzato non solo servizi sportivi ma anche reportage dall’America Latina. Ha collaborato a Mixer, ha esordito come autore e conduttore di Blitz e ha condotto la Domenica sportiva e il talk show Storie. Ha diretto la rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo. Collaboratore per anni di quotidiani come Repubblica, l’Unità, Corriere della Sera e Manifesto, ha scritto numerosi libri tra cui Il racconto di Fidel (1988), Un continente desaparecido (1995), Storie (1997), Un mondo migliore è possibile. Da Porto Alegre le idee per un futuro vivibile (2002), Politicamente scorretto (2007), Il mio Alì (2014), Così va il mondo. Conversazioni su giornalismo, potere e libertà (2017, con G. De Marzo), Storia di un boxeur latino (2020) e Non sarò mai un uomo comune (2021). Ancora, si è occupato di documentari e inchieste per numerosi programmi. Storiche le sue interviste a personaggi famosi come Fellini, De Niro, Cassius Clay, Diego Maradona, Martin Scorsese, Luis Sepulveda, Vittorio Gassman, e tanti altri.

In tutti questi incontri, raccontava, aveva imparato a «esercitare il pensiero critico, anzi, il pensiero complesso» e a «respirare la libertà di essere come si è, mostrando soprattutto la propria fragilità». E proprio uno di questi incontri gli regalò la fama mondiale, nel 1987: un’intervista di 16 ore all’allora presidente cubano Fidel Castro, per il documentario “Fidel racconta il Che”, da cui venne tratto anche un libro. Celebri anche i suoi incontri con Franco Battiato, Massimo Troisi e Pino Daniele. Fortissimo il rapporto con Diego Armando Maradona e Pelè. Nella sua memoria però il più bello resta quello con Muhammad Alì, «il più grande di tutti, perché ha rotto un sistema, una cultura. All’inizio di ogni intervista – raccontava – esordiva sempre con le sue idee di riscatto per il popolo nero e enumerava tutto quello che un nero americano non era riuscito ad avere nella vita: “Tutti hanno una terra per la quale lottare, combattere… tutti. Solo noi, solo i neri d’America non hanno una terra di riferimento”. Purtroppo le sue battaglie non hanno prodotto grandi cambiamenti, ma non mi sento di dire che ha perso».

Tra i riconoscimenti ricevuti, il Premio Saint Vincent come miglior giornalista televisivo conferitogli nel 1981 dal presidente della Repubblica Sandro Petrini e, nel 2007, il Premio Kamera della Berlinale per la carriera, il più prestigioso riconoscimento al mondo per documentaristi.

28 marzo 2023