Luigi Gedda, testimone per un mondo assetato di infinito

Una giornata dedicata al fondatore del Csi, organizzata con Centro diocesano per la pastorale sanitaria, Amci e Azione cattolica. Monsignor Manto: «Il nostro tempo richiede un ruolo dei laici nella costruzione del Paese»

Politico, genetista, pensatore originale del valore educativo dello sport, ma soprattutto un cristiano. Tutto questo è stato Luigi Gedda, nato a Venezia nel 1902 e scomparso a Roma nel 2000, a cui sabato 27 settembre nel teatro della parrocchia San Leone Magno è stato dedicato il convegno “Luigi Gedda, un cattolico a tutto campo”. Ad organizzarlo, il Centro per la pastorale sanitaria del Vicariato, insieme alle sezioni romane di due associazioni da lui stesso fondate settant’anni fa, vale a dire l’Associazione medici cattolici italiani e il Centro sportivo italiano, oltre che l’Azione cattolica, della quale Gedda fu presidente nazionale dal 1952 al 1959.

La giornata è iniziata alle 11 con la deposizione di fiori sulla sua tomba al Verano, presieduta dal consulente ecclesiastico del Csi Roma, monsignor Piergaetano Lugano. Quindi la celebrazione della Messa nella chiesa di San Leone Magno, presieduta dal vescovo Giuseppe Marciante. «Questa parrocchia – ha ricordato il presule durante l’omelia – è un’opera architettonica voluta da Gedda nella periferia romana, teatro dello scontro con il comunismo. Un modello di parrocchia completa, di “cittadella cristiana”. Gli uomini dell’Azione cattolica regalarono a Pio XII questa parrocchia dotata di ogni strumento dell’apostolato, della vita sociale e dell’assistenza. È stata data centralità alla liturgia, culmine e fonte della vita cristiana. Alla trasmissione della fede, con la cura di un altro ambiente importante specialmente per le nuove generazioni: la catechesi. Questa è una chiesa estroversa, con il centro multimediale e il centro sportivo, aperta all’accoglienza».

Della fede di Gedda, che diventava concretezza, capacità di fondazione, ha parlato durante il convegno che è seguito il direttore del Centro diocesano per la pastorale sanitaria monsignor Andrea Manto, introdotto dai saluti del parroco di San Leone don Vito Di Nuzzo. «Gedda ha dimostrato con la sua vita che credeva nell’incarnazione. Dio infatti ha parlato con parole e con fatti. Tutto questo – ha esortato monsignor Manto – va recuperato. Questo convegno non è solo una commemorazione per i 70 anni del Csi. La figura di Gedda ha una profonda attualità che dobbiamo recuperare. Il tempo storico che stiamo vivendo richiede un ruolo dei laici nella costruzione civile del Paese».

Il senso del convegno, ha spiegato Daniele Pasquini, presidente del comitato romano del Csi, è «rendere evidente la poliedricità di Gedda, un uomo in grado di stare su più fronti senza disperdere energie. Dobbiamo recuperare questa eredità, mettendoci insieme. Il modo migliore per cambiare il mondo è la collaborazione tra sigle e associazioni che si riconoscono in un orizzonte cristiano comune». Recuperare quel modo particolare di vivere la missione cristiana di cui ha parlato il parlamentare Enrico Preziosi, storico del movimento cattolico in Italia. «Una volta – ha spiegato – la vita era intrisa di apostolato cristiano, un ideale che valeva tutta una vita. Persone come Gedda ci dicono che le opere hanno al centro la vita cristiana. Vivere il cristianesimo in modo integrale è il modo migliore per riavere la vita arricchita in Cristo».

Una personalità poliedrica, quella di Gedda, capace di «essere testimone come medico cattolico», ha sottolineato Luca Chinni, presidente Associazione medici cattolici italiani Roma. «È impossibile relegarlo all’ambito scientifico – ha aggiunto Domenico Casa, dipartimento di Genetica della Sapienza -: Gedda coniugava fede e scienza medica, poiché la scienza non è che l’esaltazione della genialità della creazione». È stato un uomo capace di «favorire una vasta partecipazione di uomini e di donne alla vita della Chiesa» attraverso la risorsa dell’associazionismo, come ha ricordato Rosa Calabria, da cinque mesi presidente dell’Azione cattolica di Roma. E di scoprire il valore educativo dello sport. «Attraverso lo sport – ha detto Edio Costantini, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport – ha saputo dare una serie di indicazioni spirituali ancora oggi attualissime. Gedda pensava che “tirar fuori da un ragazzo un grandissimo calciatore fosse uno scopo troppo modesto per il Csi”. Ricordare Gedda per il Csi e lo sport significa risvegliare le coscienze utilizzando il modello metodologico cresciuto nel cristianesimo: essere fedeli nel rinnovamento. Questo incontro non deve essere un recupero nostalgico del passato ma un attingere dal passato per fecondare il presente. Il mondo sportivo è assetato di infinito. Dobbiamo recuperare le radici del Csi per ridare slancio al presente».

29 settembre 2014