Luca Carboni in tour con il suo Sputnik

Il cantautore, in tour nei club italiani, farà tappa a Roma il 28 ottobre all’Atlantico live con il nuovo tour. In scaletta le hit del passato e i nuovi singoli: un “racconto” che parte dagli anni ?50 per arrivare a oggi

Sputnik, come il primo satellite artificiale mandato in orbita intorno alla Terra. Il nostro “Sputnik” però non ha raggiunto lo spazio ma ha riportato Luca Carboni, uno dei cantautori più rappresentativi degli anni Ottanta e Novanta, in tour nei club italiani, per una tappa anche a Roma, all’Atlantico live, il 28 ottobre. Sul palco lo accompagna la sua band con Antonello Giorgi alla batteria, Ignazio Orlando al basso, Mauro Patelli e Vincenzo Pastano alle chitarre, Fulvio Ferrari Biguzzi alle tastiere, per ricreare i suoni elettronici dell’ultimo album ma anche momenti più acustici o elettrici. Una grande produzione, che strizza l’occhio alla copertina dell’album “Sputnik”, disegnata dall’artista stesso. A livello di immagini, nel live ci sarà un vero e proprio racconto che parte dagli anni ’50 per arrivare a oggi, attraversando quindi momenti importanti della storia personale dell’artista e della società. E anche per quanto riguarda suoni e contenuti, il concerto è una sorta di viaggio nel tempo, in cui è possibile ascoltare anche sonorità diverse, appartenenti ad altre epoche. D’altra parte il viaggio di Carboni è partito negli anni ‘80 e continua fino ad oggi, conquistando anche le nuove generazioni che stanno riscoprendo e rivalutando quelle sonorità.

In scaletta tanto le hit del passato quanto i singoli usciti con “Pop- up” e “Sputnik”, sempre ai vertici delle classifiche radiofoniche. Il nuovo singolo “Io non voglio”, attualmente in tutte le radio (scritto con Calcutta e con Dario Faini che ha lavorato alla parte musicale) è figlio di un periodo in cui l’artista si è voluto confrontare con altri cantautori che ha scoperto proprio nei club. Nascono così anche le collaborazioni con Gazzelle per “L’alba”, Giorgio Poi per “Prima di partire”. Ma le contaminazioni moderne non snaturano il Carboni che conosciamo, piuttosto apportano freschezza alla sua lunga esperienza e il risultato è dato dall’orecchiabilità di tutte le nove canzoni contenute nell’album. Abbiamo intervistato Carboni tra una data e l’altra del nuovo tour, partito lo scorso 12 ottobre, minacciato da una bronchite che però non ha scalfito la sua inconfondibile voce.

Un caso che la prima data del tour sia stata nel giorno del tuo 56mo compleanno?
È stato un caso e anche una bella coincidenza. “Una grande Festa” è stato anche il titolo del primo singolo del mio nuovo disco Sputnik, diciamo che siamo in tema.

Perché sei partito dallo e con lo Sputnik (ma canti “A me basta questo pianeta”)?
In questo tour il palco è come una navicella spaziale e dall’oblò vedo davvero un bel viaggio nel tempo; ho incontrato, e in ogni data incontro, diverse generazioni unite dalla mia musica e la musica stessa cerca di raccontare epoche diverse.

Come nascono le collaborazioni con la nuova scena cantautorale? Sei un ascoltatore dei giovani?
Ascolto i giovani e li ho visti anche live, sicuramente con tutti loro sono nate belle collaborazioni, Calcutta abita a Bologna e l’ho incontrato in più occasioni.

Chiedi suggerimenti a tuo figlio Samuele, che ormai ha 19 anni?
Più che suggerimenti quando ho finito una canzone o la sto scrivendo mi fa piacere avere un suo commento, un suo parere, anche se lui preferisce musica strumentale e classica alle canzoni. Comunque mi sembra che questo Sputnik gli sia piaciuto!

Nessuna nostalgia per le canzoni del passato ma sonorità che riportano al pop di 30 anni fa. Merito di quei suoni ancora potenti o dei tempi moderni che attingono fin troppo al passato?
Nel mio caso fanno proprio parte della mia storia e quei suoni sono sicuramente ancora potenti, attuali, contemporanei. La scaletta è proprio costruita con l’alternarsi di brani di diverse epoche, dalle canzoni del passato a quelle di oggi del nuovo album. Ascolterete anche brani b-side, sarà una bella sorpresa.

Nel nuovo singolo, invochi «un miracolo, un cambiamento radicale». Cosa vorresti che cambiasse?
Parlo di un miracolo raccontato nelle parole finali della canzone: di vivere l’amore in modo totale, completo senza essere giudicati o respinti ad ogni errore.

In “Amore digitale” canti «Non serve Marx, non serve Dio, Non serve Freud mi basto io»… Sicuro?
Più che una domanda una battuta, comunque osservazione giusta perché ci servono tanti punti di vista e informazioni per conoscersi a fondo. Nel caso di questa canzone mi riferisco a qualcosa che in fondo a noi conosciamo bene.

18 ottobre 2018