Lorenzin a San Tommaso Moro: «Vaccinazioni obbligatorie lotta di libertà»

Il ministro della Salute alla presentazione della mostra “More”. Monsignor Celli: «San Tommaso insegna a non scambiare mezzi con i fini»

Il ministro della Salute alla presentazione della mostra “More”. Monsignor Celli: «San Tommaso insegna a non scambiare mezzi con i fini»

«È morto un bambino di 6 anni di morbillo, in un ospedale in provincia di Monza. Era un bambino malato di leucemia che stava guarendo, ma il fratellino più piccolo non vaccinato, verosimilmente, lo ha contagiato». Lo ha detto commossa la ministra Beatrice Lorenzin intervenendo giovedì sera alla presentazione della mostra “More”, ispirata al pensiero di san Tommaso Moro, organizzata dagli universitari della Scuola di formazione sociale e politica della parrocchia dedicata al santo inglese.

 La notizia le era giunta da pochi minuti:
«Non pensavo di cominciare così, ma quello che facciamo non sono cose astratte, come non lo sono quelle che fate nella vostra scuola, come non lo sono quelle che fa don Andrea », ha detto ancora riferendosi al parroco, monsignor Andrea Celli. Lorenzin, invitando i ragazzi ad andare contro «la politica dei like sui Facebook», ha difeso il decreto legge sui vaccini obbligatori: «Ho assunto la decisione non facile di rendere obbligatorie le vaccinazioni nel nostro Paese. Chi contrasta questa idea pensa che si possa fare in nome della paura, c’è anche chi contesta la limitazione della libertà. Nulla di più falso. La libertà, dico semplificando il filosofo Locke, finisce dove comincia la tua, e nella costruzione di una società funziona così».

All’evento, organizzato nell’ambito delle celebrazioni per la memoria liturgica di san Tommaso Moro, sono intervenuti anche Gigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari, e monsignor Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare per il settore Est. La mostra verrà inaugurata il 17 ottobre. «Se mettiamo al centro la persona umana – ha dichiarato De Palo –, cambiano tutti i parametri. Farlo apre uno scenario che ha a che fare con il tassello successivo, cioè il bene comune». Per il presidente del Forum «la società di oggi cerca un capro espiatorio», invece, utilizzando un’espressione che gli è cara, «bisogna immischiarsi», iniziando un percorso che deve partire dalla concretezza: «Dobbiamo ricordarci che ogni persona è degna, indipendentemente dalla sua capacità di far valere i suoi diritti. È la coerenza della dottrina sociale della Chiesa. Tutti noi valiamo il sangue di Cristo, anche l’immigrato che sta attraversando il mare di Sicilia, il rom che ci dà fastidio, il disabile in difficoltà, l’omosessuale che vive una vita complicata».

«San Tommaso Moro – ha detto Celli
– smaschera gli idoli e propone la libertà di appartenere a qualcosa di più grande, per vivere in un rapporto con Dio e con gli altri dove non scambiamo i mezzi con i fini». Mentre Marciante ha commentato: «In questi incontri di formazione si costruisce il futuro. Mi auguro che queste esperienze si possano moltiplicare all’interno della diocesi così come è scritto nella “Lettera alla città”. I giovani sono il futuro e attraverso la vostra azione avete messo una pietra per realizzare l’utopia e un futuro ricco di speranza». Ieri, 25 giugno, la conclusione delle celebrazioni, con la Messa presieduta dal vescovo ausiliare Paolo Lojudice e il “Thomas More” di Shakespeare.

 

26 giugno 2017