L’ora di religione, per i ragazzi palestra di umanità

Nel periodo delle iscrizioni scolastiche, l’invito a formalizzare la scelta di avvalersi dell’insegnamento. La sfida più grande resta quella della «qualità»: servono adulti capaci di «dare corpo ai valori»

La settimana scorsa uno dei tanti “foglietti della Messa” per la liturgia domenicale riportava nella preghiera dei fedeli anche un’intenzione per gli insegnanti di religione cattolica. Il fatto mi ha sorpreso, perché si tratta di una categoria sistematicamente trascurata. Probabilmente l’intenzione di preghiera era stata suggerita dalla recente diffusione del messaggio con il quale i vescovi italiani invitano annualmente a scegliere di avvalersi dell’Insegnamento della religione cattolica (Irc). La fine di gennaio, infatti, è il momento in cui si effettuano le iscrizioni scolastiche, e la scelta di frequentare l’Irc deve essere espressa contestualmente all’iscrizione. Si tratta infatti di una disciplina scolastica a tutti gli effetti (non una sorta di “catechismo a scuola”), e quindi è necessario pianificare con adeguato anticipo lo svolgimento della didattica.

Nonostante gli allarmi lanciati da profeti di sventura che ciclicamente ne annunciano il tracollo (forse sperando che in tal modo il tracollo si produca!), l’Irc “tiene”. Anzi, tiene sorprendentemente bene. Se si pensa alla percentuale di firme in favore dell’otto per mille alla Chiesa cattolica (altro meccanismo che, secondo l’accordo di revisione del Concordato lateranense, lascia piena libertà di scelta ai cittadini), la percentuale di alunni che scelgono l’Irc, complessivamente di poco inferiore al 90%, appare quasi miracolosa. Se poi si considera che nelle scuole superiori di Roma due alunni su tre (il 67,1%) scelgono ancora di frequentare l’ora di religione, nonostante l’appetibile alternativa di poter “non fare nulla”, se ne comprende l’importanza strategica.

«Non lasciamoli soli!» era l’invito del Convegno diocesano, a proposito degli adolescenti. A scuola abbiamo l’opportunità di accompagnarli e di presentare loro il fascino della proposta evangelica e i tesori culturali che il cristianesimo ha prodotto nei secoli. Per molti ragazzi l’ora di religione è il “lembo del mantello” da sfiorare per raggiungere la potenza di Gesù, l’ultima opportunità per incontrare la Chiesa e conoscere la “gioia del Vangelo”. Ma anche i bambini della scuola dell’infanzia o elementare possono trarre grande beneficio dall’insegnamento della religione cattolica, sviluppando la loro sensibilità religiosa e aprendosi, sotto la guida di un adulto, alle grandi domande della vita.

Certo, la sfida più grande rimane quella della qualità dell’insegnamento, cioè – in concreto – quella della qualità degli insegnanti. La crisi attuale non è infatti una crisi di valori, ma di figure adulte capaci di incarnarli credibilmente. Sono convinto che la scelta dell’Irc continuerà a “tenere” finché ci saranno insegnanti all’altezza del proprio compito, finché i genitori fiuteranno che – indipendentemente dal fatto di essere credenti o meno – una maestra di religione sarà una figura positiva e importante per i propri figli, finché gli adolescenti sentiranno che con il prof di religione “si può parlare”. Finché questa materia così marginale – ma solo apparentemente – sarà vissuta come una palestra di umanità e di vita. Per questo tutta la comunità cristiana è chiamata a sentirsi coinvolta: scegliendo l’Irc per i propri figli, innanzi tutto. Poi pregando per gli insegnanti di religione, come suggeriva il foglietto della Messa. Ma anche incontrandoli ed esigendo da loro una preparazione pedagogica, culturale e umana di alto profilo. Accettandone anche i limiti, certo, perché è un mestiere davvero difficile. Ma non c’è niente di più bello che prendere per mano una creatura e accompagnarla a scoprire la meraviglia del mondo e del suo creatore.

Sì, non lasciamoli soli: né gli alunni, né gli insegnanti. Noi abbiamo bisogno di loro, per educare i nostri figli; ma loro hanno bisogno di noi, per svolgere al meglio il loro delicato e splendido servizio. (Filippo Morlacchi, direttore Ufficio scuola)

30 gennaio 2018