L’Opera romana in Terra Santa, per «dare voce alle comunità cristiane»

Iniziato il primo dei “Pellegrinaggi di speranza” con una delegazione di 15 persone. La direttrice suor Nazzaro: «Il desiderio dell’Orp è portare la vicinanza della Chiesa di Roma»

Per qualcuno c’è la palpabile emozione di visitare per la prima volta i luoghi in cui Gesù è nato e vissuto. Per altri è come un “ritorno a casa”. Perché la Terra Santa è un incontro con la storia che non ti abbandona mai, restando impressa nella mente e nel cuore. L’Opera romana pellegrinaggi (Orp) inaugura i “Pellegrinaggi di speranza” e con una delegazione composta da 15 persone, tra i quali religiose e sacerdoti romani, inizia la Quaresima ripercorrendo le strade in cui tutto ha avuto inizio.

Da lunedì 10 marzo il gruppo, guidato dalla direttrice Orp suor Rebecca Nazzaro, visita i luoghi di una Terra che Papa Paolo VI ha definito il “quinto Vangelo”. Ogni angolo, ogni pietra è una lectio divina incarnata. Betlemme è stata la prima tappa dei pellegrini atterrati all’aeroporto di Ben Gurion di Tel Aviv, lo scalo principale di Israele. Distante nove chilometri da Gerusalemme, Betlemme – il cui nome in ebraico significa “Casa del Pane” – è incastonata tra le colline del sistema montuoso della Giudea. Qui, come narrano i Vangeli, è nato il Salvatore. Dal 7 ottobre 2023, dall’inizio della guerra tra Hamas e Israele, i pellegrini non sono più tornati nella città in cui è Natale tutto l’anno. Il risultato è che 90 negozi di souvenir e la maggior parte degli alberghi sono chiusi, le guide turistiche disoccupate. Anche la basilica della Natività, cuore del pellegrinaggio cristiano, è completamente vuota.

Il pellegrinaggio vuole «dare voce alle comunità cristiane, ascoltare quello che stanno vivendo da oltre un anno – spiega don Giovanni Biallo, assistente spirituale Orp e guida in Terra Santa -. I nuovi viaggi verso la Terra Santa non si concentreranno solo sulla visita ai luoghi santi ma daremo ancor più spazio all’incontro con le comunità cristiane che oggi necessitano di tutto, vogliamo farci prossimi di chi in questi mesi è stato messo a dura prova». Durante un incontro con alcuni parrocchiani, accompagnati da padre Rami, parroco latino di Betlemme, suor Rebecca ha sottolineato che il desiderio dell’Orp è «portare la vicinanza della Chiesa di Roma a quella di Terra Santa. I pellegrini devono tornare in questi luoghi dove la situazione è tranquilla. È impressionante vedere la basilica della Natività vuota. Siamo pellegrini di speranza e i nostri pellegrini hanno necessità di capire che anche loro sono portatori di speranza. Vogliamo incoraggiare e sostenere i fratelli che continuano a mantenere viva la fede nonostante le difficoltà. I cristiani di Terra Santa hanno la stessa forza di fede dei primi cristiani».

Arrivando a Betlemme, la prima cosa che salta agli occhi è il muro di separazione israeliano costruito all’inizio del 2002, che circonda la città separandola da Gerusalemme. Oltre 700 chilometri di cemento armato e filo spinato. In alcuni tratti sono stati realizzati murales che trasmettono un forte messaggio di pace, tra cui quelli famosi di Banksy. A Betlemme si accede attraverso valichi militarizzati e i betlemiti che vogliono recarsi a Gerusalemme necessitano di un particolare permesso. Due città che distano una manciata di chilometri ma dove le differenze sono abissali. Da un lato, Gerusalemme in continua evoluzione, piena di cantieri e di nuove costruzioni; dall’altro Betlemme, che oggi sembra una città fantasma.

«Da oltre un anno ci troviamo chiusi in una grande prigione – spiega Robert, degli scout di Betlemme -. I giovani hanno poca speranza e vanno via». I checkpoint alle uscite della città «li ostacolano anche negli studi perché non sempre è possibile raggiungere l’università – prosegue – Anche tante famiglie hanno lasciato Betlemme dove non c’è lavoro. La pandemia aveva già influito pesantemente sull’economia locale. Ci stavamo pian piano riprendendo quando è scoppiata la guerra. La vostra presenza ci dà coraggio. Siamo tutti uniti in Cristo». Saima rimarca che «non si lavora da mesi e in questa situazione è difficile anche costruirsi una famiglia». Persone che sognano la pace da sempre ma da anni non «vediamo la luce». Una pace che non sarà raggiunta fino a quando «la classe politica penserà solo ai propri interessi – dice un altro -. Loro vanno contro la pace. Cristiani e musulmani non hanno problemi». In merito alla tregua siglata a metà gennaio, padre Rami spiega che «ora non ci sono vittime della guerra, non ci sono morti ma per i palestinesi la situazione è sempre difficile».

11 marzo 2025